Il crocifisso realizzato da un ucraino rinchiuso nella stanza delle torture allestita dai militari russi a Vovchansk - Autorità militari ucraine
C’è anche un piccolo crocifisso in una delle celle dove i soldati russi tenevano gli abitanti della regione di Kharkiv prima di torturarli. Un crocifisso costruito da uno dei detenuti, catturati e rinchiusi nei seminterrati di un palazzo con l’unica colpa di essere ucraini. Grazie a qualche ramoscello di legno intrecciato, forse trovato per terra, l’anonima mano ha realizzato le due braccia della croce e l’ha attaccata alla parete verde della sua prigione con un po’ di carta e di nastro adesivo.
La preghiera come conforto prima del “martirio”, prima delle sevizie inferte dai militari di Mosca alla “povera” gente nei territori occupati dal nemico nella parte est del Paese. È quello che mostra il video delle autorità di Kharkiv in cui si racconta attraverso le immagini una camera delle torture scoperta nella città di Vovchansk, 17mila abitanti, che è rimasta nelle mani delle truppe del Cremlino fino dall’11 settembre scorso quando è stata liberata dai militari ucraini nella controffensiva voluta da Kiev.
La icone di Gesù e Maria incise sulle pareti dagli ucraini rinchiusi nella stanza delle torture allestita dai militari russi a Vovchansk - Autorità militari ucraine
Accanto al crocifisso gli internati hanno segnato i giorni che scorrevano. Tacche verticali, una vicino all’altra, per non perdere la cognizione del tempo in una stanza buia dove non entrava un filo di luce. Segni che fanno venire in mente le celle dei campi di concentramento. E poco sopra, sulla stessa parete ma nella parte bianca del muro, qualcuno ha disegnato due immagini sacre. Incise sull’intonaco, magari con una pietra. A destra compare un’icona di Cristo; a sinistra, una Madonna con il Bambino in braccio. Stilizzate. E secondo lo stile orientale. Proprio le autorità locali le hanno definite «preghiere» nel testo che accompagna il filmato. E spiegano che «gli invasori hanno tenuto dalle venti alle quaranta persone rinchiuse all’interno». Poi riferiscono che i prigionieri «sono stati picchiati», che «le loro unghie sono state estratte» e che «le loro dita rotte».
Alcuni giorni fa la polizia nazionale ucraina aveva diffuso la foto che mostrava la preghiera del “Padre nostro” incisa in lingua russa sul muro di una delle stanze dove anche nella città di Balakliya venivano torturati gli ucraini.