giovedì 27 giugno 2024
Il dramma delle famiglie dei soldati del battaglione Azov di Mariupol: la Russia li condanna all'ergastolo per escluderli dagli scambi di prigionieri che sono il solo canale di trattative aperto
Papa Francesco incontra quattro fra madri, mogli e fidanzate dei prigionieri di guerra ucraini detenuti dai russi

Papa Francesco incontra quattro fra madri, mogli e fidanzate dei prigionieri di guerra ucraini detenuti dai russi - Vatican Media

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«Il Papa è la nostra ultima possibilità». Tetyana Vyshniak, energica madre ucraina, sa che rischia di non rivedere mai più suo figlio Artem. Ventitré anni, maggiore del battaglione Azov che si era immolato a Mariupol per fermare l’avanzata di Mosca all’inizio dell’invasione, è «prigioniero di guerra in Russia da tre anni», spiega. E dallo scorso marzo pende su di lui una condanna a 22 anni di carcere scritta dai magistrati “nemici”. «Un verdetto illegale e contrario alla convenzione di Ginevra», sostiene la donna.

Stessa sorte per il sergente Oleksiy, catturato a maggio 2022 quando Mariupol, città martire dell’Ucraina, è caduta nelle mani del Cremlino. «Lo scorso autunno i giudici russi gli hanno inflitto 24 anni di reclusione; e il 12 aprile il computo è salito a 28 anni», racconta la fidanzata 29enne Alla Didenko. «“Ergastolo” è ciò che ha stabilito un tribunale dell’autoproclamata Repubblica separatista di Donetsk nei confronti di mio marito», fa sapere Vialietta Shovkova, moglie del sergente Oleksiy Bura-Shovkovy, anche lui fra le fila del battaglione Azov quando è stato sequestrato. E sempre all’ergastolo è stato condannato il compagno di Tamara Koryagina, il soldato esperto Serhiy Mykhaylenko, che «secondo le ultime informazioni si trova in Siberia, nella colonia penale “Severnyj Volk”, uno delle più dure, dove è stato detenuto anche Alexeij Navalny».

Tetyana Vyshniak con il figlio Artem, il giovane militare che da tre anni è in mano ai russi

Tetyana Vyshniak con il figlio Artem, il giovane militare che da tre anni è in mano ai russi - Associazione difensori Azovstal

Le sentenze escludono i loro nomi dalle liste di scambio di prigionieri che hanno permesso a Ucraina e Russia di portare a casa migliaia di uomini (e donne) catturati dai due eserciti. «Sono 101 i soldati di Azov dichiarati colpevoli dai tribunali di Putin in modo arbitrario. Ecco perché ci siamo rivolte al Papa. Vorremmo che chiedesse al presidente russo di rilasciare i nostri cari, anche se prima sarà necessario che vengo loro concessa l’amnistia o l’indulto», confida la madre di Artem.

Da tre anni Tetyana si batte per liberare il suo ragazzo. E ieri ha incontrato Francesco al termine dell’Udienza generale insieme con Vialietta, Tamara e Alla. Madri, moglie e fidanzate che dall’Ucraina hanno portato davanti al Pontefice il dramma nel dramma dei loro congiunti: prigionieri di guerra e condannati, quindi senza possibilità di rimpatrio. «Almeno così ha stabilito la Russia. Perciò serve intervenire sulle autorità del Cremlino. E Francesco lo può fare», sostiene Vialietta. Con il Papa le donne hanno pianto. E a lui hanno consegnato un disegno sulle condizioni dei prigionieri ucraini e una statuetta con due mani legate da una corda che Francesco ha stretto tra le sue mani.

Tamara Koryagina con il compagno Serhiy, detenuto in Russia nel campo di prigionia dove è stato rinchiuso anche Navalny

Tamara Koryagina con il compagno Serhiy, detenuto in Russia nel campo di prigionia dove è stato rinchiuso anche Navalny - Associazione difensori Azovstal

Quello dei prigionieri di guerra è ad oggi l’unico canale di “negoziato” aperto fra Kiev e Mosca. Seppur fra alti e bassi, nonostante le accuse reciproche di ostruzionismo, sono stati 53 gli scambi in due anni di conflitto. L’ultimo martedì scorso: restituiti all’Ucraina 90 connazionali che si aggiungono ai 3.210 liberati in precedenza. Scheletrici, malati, torturati, avverte Kiev. Un canale di trattative alimentato anche dalla Santa Sede. A cominciare dai continui appelli del Papa. Come quello di Pasqua in cui Francesco aveva auspicato «uno scambio generale di tutti i prigionieri: tutti per tutti». Proposta accolta e rilanciata dal presidente Zelensky che ha inserito la necessità di «liberare tutti i prigionieri mediante scambio» nella “Formula di pace” uscita dal summit in Svizzera.

Alla Didenko con il fidanzato Oleksiy, militare catturato due anni fa dopo la caduta di Mariupol in mano russa

Alla Didenko con il fidanzato Oleksiy, militare catturato due anni fa dopo la caduta di Mariupol in mano russa - Associazione difensori Azovstal

Una questione che fa presa anche in Russia, soprattutto fra le madri dei soldati inviati a combattere. E il Papa ha voluto che il tema fosse uno dei punti al centro della missione di pace del cardinale Matteo Zuppi. Convinto che la “mediazione umanitaria” possa gettare le basi per un dialogo più vasto. Stando al governo di Kiev, sono 3.741 i militari ucraini ostaggio del Cremlino e 763 i civili. Ma a inizio giugno Putin ha fornito altre cifre: «6.465 soldati ucraini sono tenuti prigionieri e 1.348 sono quelli russi sul lato ucraino».

La 23enne Vialietta Shovkova con il marito Oleksiy, catturato dai russi e malato di tumore

La 23enne Vialietta Shovkova con il marito Oleksiy, catturato dai russi e malato di tumore - Associazione difensori Azovstal

«Ha un tumore alla testa, il mio Oleksiy, benché benigno», racconta Vialietta. A 23 anni non ha più nulla: né la casa a Mariupol occupata, né suo marito. Si è sposata online quando lui era già dentro l’acciaieria asserragliata della città. «Non abbiamo mai avuto una vita normale». Dopo la cattura, lo ha rivisto sui canali russi Telegram. «Il suo aspetto era terribile: aveva perso almeno quindici chili. Non ha assistenza medica. Nessuno può esaminare lo stadio del tumore. Anche la Croce rossa internazionale non fa niente». Aggiunge Tamara: «Quando ho saputo della condanna di mio marito, ho pianto tre giorni. Speravo in uno scambio...». Una pausa. «Comunque so che il mio dolore è anche quello di molte, troppe donne. C’è bisogno di sostenerci a vicenda. E occorre che il mondo ci aiuti».

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