Minacce dalla Russia, condanna dalla Cina, preoccupazioni dall’Europa. La decisione di Donald Trump di ritirare gli Usa dallo storico trattato sui missili nucleari firmato nel 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov (Inf) ha sollevato indignazione e timori in tutto il mondo. Nonostante sia noto che da almeno il 2014 Mosca abbia violato l’accordo sui missili convenzionali e nucleari a medio e corto raggio, l’intesa creava un quadro normativo internazionale che ha finora permesso di impedire una nuova corsa agli armamenti da parte delle tre superpotenze, Stati Uniti, Russia e Cina. «O la Casa Bianca chiarisce o reagiremo », è il monito minaccioso arrivato ieri dal Cremlino, che ha ammonito che ora «il mondo sarà più pericoloso». Intanto dall’Europa, che teme un ritorno alla crisi degli euromissili e alla guerra fredda, si levava un coro di no all’ennesimo strappo del presidente americano.
La Ue: «Conseguenze imprevedibili»
Mentre il falco John Bolton, consigliere della sicurezza nazionale di Trump, volava a Mosca per spiegare la posizione della Casa Bianca, trovando un’accoglienza gelida da parte del presidente russo Vladimir Putin, che lo riceverà solo oggi, il presidente francese Emmanuel Macron esprimeva per telefono al presidente Usa le preoccupazioni europee: «Il trattato Inf è cruciale per la nostra sicurezza e abbandonarlo comporta gravi rischi per entrambe le sponde dell’Atlantico», ha detto. Un concetto ribadito a Bruxelles dall’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Federica Mogherini, che ha invitato l’Amministrazione Usa a valutare con attenzione le conseguenze «imprevedibili » di un ritiro. Anche la Germania ha giudicato «disastrosa» la decisione del capo della Casa Bianca. A Londra il governo May sembra l’unico a sostenere la linea di Trump, denunciando le ripetute violazioni dell’accordo da parte di Mosca, mentre Roma si è allineata a tutte le altre capitali europee. «Sono molto preoccupato – ha affermato il premier Giuseppe Conte –. Incontrerò Putin e Trump, e spero di poter parlare con l’uno e con l’altro». La mossa di Trump inquieta anche perché potrebbe spingere Pechino a rafforzare la sua influenza sul Pacifico occidentale: «Gli Stati Uniti hanno sbagliato ad uscire unilateralmente dal trattato », ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying, che ha messo in guardia dal rischio di compromettere l’equilibrio strategico globale.
Tutto ciò che c'è da sapere sull'intesa Reagan-Gorbaciov del 1987
Il Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) regola la messa al bando dei missili convenzionali e nucleari con un raggio di azione tra i 500 e i 5.500 chilometri. Negli ultimi quattro anni, gli Stati Uniti hanno sostenuto che la Russia è in violazione del patto perché ha dispiegato armi tattiche nucleari proibite per intimidire le nazioni europee e gli ex Stati sovietici che si sono allineati con l’Occidente. Ma Barack Obama aveva scelto di non lasciare l’accordo, preoccupato che avrebbe riacceso una corsa agli armamenti, che da qualche tempo si sta comunque profilando. Mentre la Russia ha sorvolato l’Europa con i suoi cacciabombardieri e ha condotto esercitazioni ai confini con gli ex Stati sovietici, infatti, gli Stati Uniti e i loro alleati Nato hanno inviato forze nei Paesi minacciati. L’Ucraina è da anni un «campo di battaglia», e Cina e Stati Uniti hanno schierato forze nel Mar Cinese meridionale e si stanno preparando alla possibilità di una guerra nello spazio.
Il trattato sulle forze nucleari intermedie fu firmato l’8 dicembre 1987 dal presidente americano, Ronald Reagan, e dal suo omologo sovietico, Michail Gorbaciov. L’accordo proibì lo sviluppo e lo schieramento di missili balistici e da crociera di gittata compresa fra 500 e 1.000 km, e fra 1.000 e 5.500 km. Erano gli anni in cui gli Usa e l’Urss decidevano di passare dalla fase della limitazione a quella della riduzione delle armi nucleari, dopo la gravissima crisi degli Euromissili e degli SS-20 sovietici, nella seconda metà degli anni ’70. La politica di dissuasione dell’Alleanza era allora basata sulle strategie di difesa avanzata e risposta flessibile, affidate, dopo la crisi cubana, ai soli velivoli F-111 a doppia capacità. Temendo che lo spiegamento degli SS-20 potesse compromettere l’equilibrio raggiunto, gli americani si prodigarono immediatamente per un ammodernamento delle loro componenti di teatro, schierando in vari Paesi occidentali, Italia compresa, missili intermedi da crociera Cruise e balistici Pershing II. Una corsa agli armamenti che rischia di riproporsi oggi.