La pentola sudanese in ebollizione da giorni è scoppiata sabato mattina. Le profonde divisioni all’interno dell’apparato militare e paramiltare sono sfociate in un tentativo di colpo di Stato da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf) che a loro volta hanno incolpato l’esercito regolare (Saf) di voler continuare a regnare con la giunta militare al potere. Per ora i civili morti sono almeno cinque, oltre alla distruzione di edifici in varie città del Paese a causa dei bombardamenti. La lotta per il potere è così iniziata con violenza e oppone il presidente del Governo militare transitorio, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e il suo vice e leader delle Rsf, il generale Mohamed Hamdan Dagalo detto “Hemmetti”. «Burhan è un bugiardo, criminale, codardo e ladro – ha tuonato ieri Hemmetti davanti ai giornalisti –, verrà catturato e trascinato come un cane davanti a un tribunale o ucciso». Simili invettive sono state lanciate da al-Burhan contro il suo vice.
Difficile dire chi stia riuscendo a sopraffare l’altro, entrambe le fazioni hanno decine di uomini sotto il loro comando e vogliono conquistare il potere per evitare di essere condannati o uccisi. «L’esercito avrebbe attaccato per primo la base militare delle Rsf nella località di Soba, a sud della capitale sudanese, Khartum – hanno affermato gli analisti –. Hemmetti ha quindi risposto dispiegando i propri uomini e mezzi in punti strategici a Khartum e in altre città». I due eserciti degli oppositori si sono contesi per diverse ore l’aeroporto internazionale (dove sono stati danneggiati alcuni velivoli), il palazzo presidenziale, gli uffici della tv nazionale e le abitazioni di entrambi i leader. In serata i paramilitari hanno mostrato un video della resa di militari egiziani in Sudan per «manovre» con i governativi. Per il momento non c’è alcun chiaro vincitore. «Il disaccordo tra i due è nato già dal colpo di stato di ottobre 2021 – spiega Kholood Khair, analista sudanese a Khartum –. Al-Burhan voleva mantenere il potere senza consegnarlo ai civili, mentre Hemmetti non era d’accordo con il golpe».
Voci si rincorrono sulla paternità della escalation, qualcuno intravede anche un ruolo degli Usa nello scontro tra russi e cinesi, alleati invece in altre realtà, prima da tutte quella ucraina. In questi giorni sono state evidenziate anche le differenze etniche che vedono Hemmetti, sudanese della comunità dei Rizeigat della regione occidentale del Darfur, un esterno rispetto alle dinamiche che per 30 anni hanno tenuto al potere Bashir. L’accordo di dicembre che avrebbe dovuto essere firmato settimana scorsa marginalizzava l’incarico delle Rsf in un potenziale futuro esercito nazionale. L’inevitabile scoppio delle violenze riporta quindi il Sudan nell’oscurità di quella che potrebbe trasformarsi in una lunga guerra civile.