Una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv - Gambassi
Kramatorsk. Villetta modesta. Andriy ha otto anni ed è in camera a seguire le lezioni sul cellulare. «Ormai non esce quasi più dalla stanza. Anche quelle poche volte che qualcuno viene in casa, lui rimane lì. Parla pochissimo», racconta la nonna. Cambio scena. Kharkiv. Giardino pubblico. Kateryna compirà dieci anni a giugno. La mamma sfida i missili russi e la porta fuori. «Sono preoccupata per lei - ammette -. Trascorre le giornate a casa. Studia al computer. Vede pochissimi amici, di solito in appartamento. Ma non voglio che perda il contatto con la realtà». La guerra sta minando il presente dei ragazzi dell’Ucraina. E anche il loro futuro. Un’intera generazione, quella che va dai tre ai diciotto anni, rischia di essere “perduta”. Chiusa fra le mura domestiche. E chiusa in se stessa. Prigioniera della didattica online, del blocco della vita sociale e dei traumi che un conflitto si porta dietro.
I bambini chiusi in casa a Zaporizhzhia - Gambassi
Le bombe che continuano ad arrivare si abbattono con tutta la loro follia sulla scuola. E, a cascata, sullo sviluppo di bambini e adolescenti. Sono 3.223 gli istituti colpiti, di cui 276 rasi al suolo, certifica il Ministero dell’istruzione. Dal Cremlino si accusa Kiev di usare le aule come quartier generale e “scudo” dei militari. «Congetture pretestuose», è la replica. Oggi appena un terzo dei plessi nel Paese accoglie le lezioni in presenza. Ma il dato è ottimistico. Si può andare in classe soltanto se lo stabile ha un rifugio anti-aereo dove occorre nascondersi in caso di allarme.
Il libro fra le macerie di una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv - Gambassi
Però non basta. Come racconta la scuola “numero 1” di Irpin che è stata devastata un anno fa e poi rinnovata a tempo di record in estate: oggi gli iscritti sono 1.200; il bunker appena realizzato è in grado di ospitare non più di 500 persone. Il che significa che metà degli allievi deve rimanere in famiglia e si fanno i turni per chi può sedersi fra i banchi. Non solo. Anche le aule non sono garanzia di lezioni. Nella regione di Poltava le sirene sono suonate 801 volte nel 2022. Ogni volta che i segnali scattano, gli insegnanti sospendono tutto. Con una media di 47 allarmi al giorno, è difficile immaginare una scuola normale.
Il rifugio nella scuola "numero 1" a Irpin - Gambassi
Poi più di 665mila studenti (pari al 16% del totale) sono sfollati, insieme con 25mila insegnanti. E il 35% dei giovanissimi che vivevano nelle regioni dell’Est e del Sud, quelle intorno al fronte, è stato costretto a evacuare. Le classi virtuali sono una soluzione tampone. Soprattutto se si è sotto i bombardamenti durante i quali la connessione a Internet va e viene o l’energia elettrica non c’è. Allora si capisce perché il Servizio statale per l’istruzione sostenga che 5,3 milioni di bambini abbia difficoltà ad accedere regolarmente ai percorsi di studio. E perché il 60% dei genitori dichiari che i figli non hanno una reale continuità didattica dall’inizio dell’invasione. Di fatto almeno due anni scolastici saranno a ranghi ridotti. L’effetto viene descritto dalla metà degli insegnanti secondo cui il livello di istruzione è diminuito. Non è un caso che l’Ucraina sia già scivolata in fondo alla classifica europea dell’apprendimento.
Una famiglia con i figli davanti a casa a Zaporizhzhia - Gambassi
Se il Paese non è piombato in una crisi umanitaria grazie alla solidarietà mondiale, è però in mezzo a una crisi educativa di proporzioni drammatiche. E a una crisi relazionale. Il pericolo dei raid e la scuola via Web hanno recluso i ragazzi. Non c’è più la classe come “laboratorio” dell’incontro. Si cresce soli. Con fragilità psicologiche. Il 61% dei genitori pensa che i loro bambini abbiano gravi problemi di stress. E la metà ritiene che la mancanza di socialità possa comprometterne l’avvenire. La ricostruzione delle scuole è già cominciata. Ma servirà ben altro per salvare la generazione dei “figli della guerra”.