lunedì 6 marzo 2017
Il ritorno dei primi cristiani nella Piana di Ninive diventa dolore davanti alla distruzione. Ma resta la determinazione: «Questa è la nostra città, dove testimoniare ancora la nostra fede»
«È più forte di me: devo tornare a Qaraqosh in macerie»
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«Siamo nel 2017: come è possibile questa cattiveria nel cuore dell'uomo», si chiede amareggiato padre Jalal Jako all'interno della chiesa di San Giorgio a Bartalla, totalmente bruciata e devastata dagli uomini del Daesh. Bartalla è un villaggio cristiano all'ingresso di Qaraqosh che prima del 6 agosto 2014 contava almeno 50mila abitanti, tutti siro-cattolici. Ora i cristiani iniziano a tornare nella Piana di Ninive, liberata dallo scorso ottobre dall'avanzata dei curdi e degli iracheni verso Mosul. Non c'è ancora sicurezza sufficiente per ristabilirvisi, ma si torna per visitare i villaggi: «Le prime volte - racconta ancora il padre rogazionista - stavo talmente male che credevo di non riuscire più a farlo. Ma poi era più forte di me: devo tornare, questa è la mia città dove testimoniare ancora la nostra vita e la nostra fede».

Padre Paolo Mokka, nativo di Karamles, altro villaggio cristiano della Piana di Ninive, mostra una stanza, forse una portineria, all'ingresso della chiesa di Santa Maria: «Questa camera era usata dal Daesh per dormire. È una chiesa e forse pensavano di essere protetti dai bombardamenti delle forze alleate».

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