Negazione della libertà religiosa, violenze e soprusi in ogni parte del mondo. È quanto emerge dal Rapporto 2010 sulla libertà religiosa nel mondo realizzato dalla sezione italiana di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs), opera di diritto pontificio fondata nel 1947 e divenuta uno dei più accreditati osservatori al mondo su questo fronte. Obiettivo del Rapporto è fare il punto sulla situazione e fornire notizie su avvenimenti che rischiano di passare sotto silenzio, ma anche passare dalla denuncia delle violazioni all’azione politica, perché «la libertà religiosa può essere considerata una cartina di tornasole», un test dello stato di applicazione dei diritti umani in qualsiasi Paese, come ha indicato Papa Wojtyla diversi anni fa. In 550 pagine vengono passati in rassegna 194 Paesi, da quelli che detengono il triste primato della lotta alla libertà di fede, come Arabia Saudita e Corea del nord, fino alle persecuzioni in atto in Pakistan e Iraq. Secondo l’Acs sono una sessantina ancora oggi i Paesi nei quali si contano gravi violazioni alla libertà religiosa. Sulla
Cina, il Rapporto punta l’indice contro i persistenti tentativi di sganciare la Chiesa sotterranea fedele al Papa dal legame con Roma, sottomettendola al controllo delle autorità governative. «Appare evidente, si legge, la direttiva delle autorità di mantenere il pieno controllo di tutte le attività religiose, intervenendo in modo pesante sulla loro vita interna». Il diritto alla libertà religiosa nel Paese di fatto continua a essere calpestato. Durante il periodo esaminato, «sono continuati gli arresti e l’eliminazione di comunità non ufficiali o sotterranee. Vi sarebbero anche decine di sacerdoti sotterranei in prigione o nei campi di lavoro forzato e una decina di vescovi sotterranei in isolamento». «Ancora è bloccata – sottolinea il Rapporto – la proposta di una legge sulla libertà religiosa, sul tavolo da circa 20 anni. Il governo continua a preferire l’uso di regolamenti a livello locale o provinciale, a cui ognuno dà la propria interpretazione, senza doversi sottomettere a un diritto e a una legge nazionale». L’
India continua a registrare un forte aumento delle violenze su base religiosa e in sei Stati della federazione persistono le cosiddette leggi «anti-conversione», frutto di una posizione politica ultranazionalista indù. Nel
Pakistan, il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge «senza distinzione di razza o credo» sembra una semplice facciata. La legge sulla blasfemia, come dimostra il caso di Asia Bibi, ha fatto e fa vittime fra i non musulmani nella sostanziale indifferenza dell’esecutivo e costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali compiuti da singoli o folle inferocite. In Europa si distingue il caso della
Bielorussia, dove sopravvive il retaggio culturale sovietico. Pur riconoscendo la Costituzione il diritto alla libertà religiosa, l’attività dei missionari incontra numerosi ostacoli amministrativi, e le attività di propaganda religiosa sono sottoposte a severi controlli e limitazioni da parte delle forze di sicurezza. Viene scoraggiato anche il culto dei martiri dell’epoca sovietica. La situazione non è migliore in numerosi Paesi arabi. In
Iraq si fa sempre più drammatica la vita delle comunità cristiane, ormai a rischio di estinzione, sottoposte a una sistematica aggressione terroristica che dichiara apertamente lo scopo di eliminare la presenza cristiana nel Paese. In
Arabia Saudita, nonostante qualche timido segnale positivo, come la diminuzione delle «incursioni» della polizia religiosa, persistono gravi violazioni della libertà religiosa, in particolare contro gli immigrati cristiani e contro la minoranza sciita del Paese. Nel continente americano, a
Cuba, nonostante rimanga «immutata la legislazione e la pratica amministrativa repressiva nei confronti del fenomeno religioso», il Rapporto segnala i gesti di apertura, come l’autorizzazione a compiere atti religiosi precedentemente proibiti e la cancellazione della proibizione degli atti di culto nelle carceri. In
Nicaragua il governo sandinista ha invece moltiplicato i suoi attacchi alla gerarchia cattolica, accusata di ostilità nei confronti del governo, ricorrendo anche a tentativi di diffamazione. Il
Venezuela ha promulgato una legge sull’educazione nella quale è completamente assente ogni riferimento all’educazione religiosa, considerata «contraria alla sovranità nazionale» e un’intensa propaganda ostile alla Chiesa cattolica viene svolta anche attraverso organi di stampa vicini al governo.