Ancora terrore sugli Champs-Elysées. All'indomani della vittoria del movimento europeista del presidente Emmanuel Macron nelle elezioni legislative, Parigi ripiomba nella paura. Adan D., un trentenne francese già noto agli 007, si è schiantato volontariamente con la sua auto, una Renault Megane, contro un furgone della Gendarmeria di pattuglia in quella che è una delle avenue più famose del mondo, tra Place de la Concorde e l'Arco di Trionfo.
A bordo della camionetta, che al momento dell'attacco si trovava sul Rond-Point degli Champs-Elysées, poche centinaia di
metri dall'Eliseo, c'erano otto agenti a bordo, tutti illesi. Sono circa le 15.40 quando il furgone delle forze dell'ordine viene urtato violentemente sul fianco destro. Per motivi ancora ignoti, l'abitacolo della Megane si infiamma. I militari scendono, cercano di trarre in salvo l'aggressore incosciente ma non c'è niente da fare: morirà qualche minuto dopo per l'impatto.
Nato ad Argenteuil, nella banlieue parigina, era schedato con la lettera 'S' che indica gli individui radicalizzati a rischio. È lui l'unica vittima di una vicenda su cui indaga la procura antiterrorismo. "Ancora una volta le forze di sicurezza in Francia vengono colpite con questo tentativo di attentato": ha deplorato il ministro dell'Interno Gérard Collomb, recatosi personalmente sul posto (il suo ministero, in Place Beauvau, è a poche centinaia di metri dagli Champs-Elysées) per solidarizzare con gli agenti. "Nell'auto - ha aggiunto - c'erano diverse armi ed esplosivi che avrebbero dovuto far esplodere il veicolo".
Secondo fonti del Parisien, sarebbero due bombole a gas, due pistole automatiche e due kalashnikov. Per il ministro, quanto accaduto conferma la "minaccia estremamente elevata" e l'urgente necessità di varare la nuova legge antiterrorismo promessa dal
presidente Emmanuel Macron.
In un tweet pubblicato alle 16.01 la Préfecture de Police lanciava l'allarme invitando i parigini ad "evitare il settore". Chiuse le linee 1, 8, 12 e 13 della metropolitana, evacuato il cantiere del vicino teatro Marigny, mentre i media di mezzo mondo riferivano di un uomo a terra e di un'auto in fiamme all'altezza della fermata Franklin Roosevelt, dietro al Grand Palais, dove è in corso una frequentatissima mostra di Auguste Rodin.
Per il secondo attentato dell'era Macron, dopo quello del 6 giugno contro una pattuglia a Notre-Dame da parte di un sedicente soldato dello Stato islamico, si ripete lo schema degli ultimi attacchi: un individuo, isolato, questa volta a bordo di un'auto, che si lancia contro uno o più agenti, cercando di fare il massimo di danni.
Tra l'altro, sugli Champs-Elysées, alla vigilia delle presidenziali l'agente Xavier Jugelé venne ucciso da un altro "combattente" considerato come "lupo solitario" della jihad.
La Francia vive in stato d'emergenza dagli attentati del 13 novembre del 2015. Macron ha chiesto la proroga delle misure speciali fino al primo novembre, in attesa che venga varata la legge antiterrorismo da lui promessa. Appena dieci giorni fa, l'Eliseo annunciava la creazione di una task-force anti-jihad. Si tratta di un nucleo di 20 strateghi con pieni poteri su tutte le strutture dei servizi - DGSI (sicurezza interna), DGSE (sicurezza interna) DRM (controspionaggio militare) - che hanno clamorosamente mostrato la loro disorganizzazione da quando la Francia è nel mirino. Le caratteristiche della struttura sono disponibilità 24 ore su 24, accesso diretto al capo dello Stato, informazioni in tempo reale e 30 minuti al massimo per prendere qualsiasi decisione in caso di crisi. Non solo: lo stato d'emergenza, al quale i francesi sono ormai abituati, entrerà - in molti suoi aspetti - nel diritto comune con arresti domiciliari, perquisizioni, chiusura di luoghi di culto, zone off limits per motivi di sicurezza. Il tutto a discrezione del ministero dell'Interno e dei prefetti, scavalcando giudici e magistrati. Un progetto che suscita i timori della sinistra e delle associazioni per la difesa delle liberà individuali.