venerdì 12 giugno 2020
La furia iconoclasta tra Stati Uniti ed Europa continua a travolgere strade e piazze disarcionando dai piedistalli le statue degli uomini che, nel bene e nel male, hanno segnato la storia
Robert Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo, additato da qualche storico per presunta omofobia e simpatie naziste. A nulla è valsa l’improvvisata resistenza di un gruppo di pensionati determinati a opporsi alla rimozione della statua dal molo di Poole, nei cui pressi si è tenuto nel 1907 il primo campo scout del mondo.

Robert Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo, additato da qualche storico per presunta omofobia e simpatie naziste. A nulla è valsa l’improvvisata resistenza di un gruppo di pensionati determinati a opporsi alla rimozione della statua dal molo di Poole, nei cui pressi si è tenuto nel 1907 il primo campo scout del mondo. - Reuters

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Londra come Minneapolis. Oxford come Boston. Bournemouth come Richmond. La furia iconoclasta che da giorni rimbalza tra Stati Uniti ed Europa continua a travolgere strade e piazze disarcionando dai piedistalli le statue degli uomini che, nel bene e nel male, hanno segnato la storia di entrambi i continenti.

L’ultima a farne le spese, ieri, nel Regno Unito, è stata quella di Robert Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo, additato da qualche storico per presunta omofobia e simpatie naziste. A nulla è valsa l’improvvisata resistenza di un gruppo di pensionati determinati a opporsi alla rimozione della statua dal molo di Poole, nei cui pressi si è tenuto nel 1907 il primo campo scout del mondo.

La statua di Powell è stata rimossa e temporaneamente stipata in un deposito per evitare, spiega il Consiglio locale, che venga distrutta dalle proteste. Trasferita in un luogo «segreto e sicuro», in attesa di essere destinata a un museo, anche la statua del mercante di schiavi Edward Colston, recuperata dai fondai del porto di Bristol dopo essere stata rovesciata in acqua, domenica, dai manifestanti di Black Lives Matter.

Contro la furia iconoclasta in salsa British si è scagliata Emma Webb, direttrice del Forum per l’integrazione di Civitas, che dalle colonne di un editoriale sullo Spectator ha bollato «pericolose, inutili e, ignoranti » le teorie a monte delle proteste. Secondo Webb, «l’abbattimento delle statue ha storicamente poco a che fare con la cultura» e gli «iconoclasti del fine settimana» sono più simili ai taleban che a dei «semplici vandali». «Scioccante», inoltre, è l’atteggiamento del sindaco di Londra, Sadiq Khan, che, «invece di condannare questi atti di iconoclastia criminale l’ha istituzionalizzata », annunciando, addirittura, la creazione di una Commissione incaricata di assicurare che il paesaggio fisico della capitale (strade, murale, monumenti) sia conforme alle diverse sensibilità ideologiche.

Monumenti ancora presi d’assalto anche dall’altra parte dell’Atlantico. In un blitz notturno, in Virginia, a Richmond, un gruppo di manifestanti ha abbattuto la statua di Jefferson Davis, democratico del Mississippi, primo e unico presidente degli Stati Confederati d’America dal 1861 al 1865. Dopo quella di Minneapolis e New York, è caduta al suolo anche la statua di Cristoforo Colombo a St Paul, capitale del Minnesota, come a Boston. L’esploratore italiano viene additato come responsabile, con la scoperta delle Americhe, dell’inizio della colonizzazione europea e del conseguente genocidio delle popolazioni native. Contro la rimozione delle statue del navigatore genovese si è schierato il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, secondo cui l’immagine di Colombo a New York è il «simbolo del contributo dato dalla comunità italoamericana al Paese» e, per questo, da preservare. Intanto il Washington Post annuncia che il celebre film «Via con il Vento», rimosso dai titoli a disposizione su Hbo Max, perché «raffigura pregiudizi etnici e razziali», tornerà a essere disponibile già dalla prossima settimana con un’introduzione di un esperto di studi afroamericani che inquadrerà il periodo storico raccontato nel film e i problemi che la «rappresentazione cinematografica della schiavitù può creare».

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