Due bambine a scuola nel Kwara, stato della Nigeria (marzo 2021) - Reuters
Violenza e povertà hanno costretto dieci milioni di bambini nigeriani a interrompere la propria istruzione. Nell’ultimo anno, marcato dal jihadismo nel nord-est e i sequestri di massa nel nord-ovest, il numero di studenti tra i 6 e 18 anni che hanno rinunciato alla scuola è infatti aumentato radicalmente. Le autorità hanno chiuso gli istituti scolastici da mesi o ne hanno ritardato l’apertura in attesa che la situazione migliori.
«L’inizio delle lezioni è stato posticipato fino al 19 settembre», riferiva questa settimana una nota del Territorio federale della capitale (Fct), Abuja. «Tale misura riguarda tutte le scuole, pubbliche o private, musulmane o cristiane. Inoltre, la vendita di benzina nelle taniche e il trasporto di carbone resta vietato in numerose province settentrionali del Paese». Il governo nigeriano sta cercando di affrontare la crisi dovuta all’insicurezza che sta dilagando in gran parte della Nigeria, legata solo in parte ai gruppi jihadisti. Sebbene tutto il territorio nigeriano sia da anni teatro di rapimenti contro civili comuni, funzionari governativi, o cittadini stranieri, la parte settentrionale del Paese ha riscontrato un particolare aggravamento della situazione dal 2018, e un’ulteriore impennata di violenze dalla fine del 2020. I numerosi sequestri e uccisioni di studenti e professori, da parte prevalentemente di bande criminali, hanno quindi causato quest’anno l’interruzione didattica per «oltre 10 milioni di bambini in età scolastica», circa tre milioni in più rispetto all’anno precedente, su circa 40 milioni di studenti in tutta la Nigeria: praticamente uno su quattro non va a scuola. «I nostri figli – hanno commentato molti genitori che vivono nelle aree intorno ad Abuja –, non hanno trovato i professori al primo giorno di lezione e le autorità ci hanno detto di tornare a casa».
Il Territorio della capitale confina a nord e a est con gli Stati federali colpiti dalle violenze jihadiste e dai rapimenti di massa. «Circa 1,500 alunni sono stati sequestrati in vari Stati del nord-ovest dallo scorso dicembre – affermano diverse organizzazioni umanitarie –. Solitamente vengono pagati riscatti di circa mille euro per la liberazione di ogni alunno». Centinaia di studenti sono ancora nelle mani dei rapitori, alcuni sono stati uccisi, altri sono scappati. Almeno 5 milioni di bambini impossibilitati dall’andare a scuola vivono in 10 Stati federali nordoccidentali tra cui Kano, Zamfara (dove, con un’autentica resa, tutte le scuole restano chiuse per ordine del governatore), Kaduna, Niger e Katsina. «Il futuro dell’istruzione in Nigeria è minacciato – ha dichiarato ieri Edward Kallon, coordinatore umanitario dell’Onu nel Paese –. Facciamo appello affinché vengano fatti sforzi maggiori per proteggere gli studenti e assicurare la continuità dei corsi scolastici». Questa settimana sono invece stati rapiti per la prima volta dei civili nello Stato di Sokoto. «I banditi stavano scappando da un’offensiva della forza aerea nigeriana lanciata martedì – ha confermato Garba Moyi, commissario per la sicurezza di Sokoto –. Durante la ritirata hanno sequestrato almeno 20 civili usandoli probabilmente come scudi umani».
Lunedì notte, invece, un gruppo armato ha rapito nella cittadina di Bakori, Stato di Katsina, Ahmed Abdulkadir, ex direttore della Commissione nazionale dei media (Nbc), sua figlia di 15 anni e altri tre conoscenti. «Siamo sulle tracce di questa banda di criminali – ha detto il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, dopo aver licenziato diversi funzionari governativi legati al settore della sicurezza –. Faremo di tutto per riportare in queste aree la stabilità».