Il gruppo di vescovi (al centro il cardinale Leopoldo Brenes) che in qualità di mediatori ieri ha incontrato il governo a Managua (Ansa)
Alla fine Daniel Ortega dovrebbe restare in sella a Managua, soprattutto per il fatto che per cercare di domare la piazza ha concesso quello che fino alla vigilia dello sciopero generale di giovedì sembrava impensabile: sulle violenze indagherà una commissione internazionale. Il governo nicaraguense e l'opposizione hanno raggiunto un accordo, venerdì sera, che consente ai primi osservatori di indagare sugli scontri che hanno ucciso più di 170 persone in due mesi, secondo un ultimo bilancio. Si tratterà di una Commissione internazionale composta anche da osservatori delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea. Le parti si dovrebbero incontrare ancora questa mattina per discutere "del processo di democratizzazione del Paese". Intanto però si registrano altri scontri e altri morti: otto.
Il presidente della Conferenza episcopale che fa da mediatrice, il cardinale Leopoldo Brenes, ha aggiunto che la Chiesa aveva chiesto a Daniel Ortega di anticipare le prossime elezioni generali al 2019, due anni prima del previsto. Il presidente non ha aderito alla richiesta, limitandosi a rispondere: "Ribadiamo il nostro totale desiderio di ascoltare tutte le proposte che rientrano in un quadro istituzionale e costituzionale". L'opposizione esige la partenza del settantenne Ortega, l'"eroe" della rivoluzione sandinista che ha governato il Paese dal 1979 al 1990 dopo l'estromissione del dittatore Anastasio Somoza.
Daniel Ortega è tornato al potere dal 2007. Resta alta la tensione tra i due schieramenti. Mentre la hiesa ha organizzato la riunione di venerdì mattina, i paramilitari filo-governativi hanno lanciato assalti in almeno quattro distretti di Managua e nuovi scontri sono stati segnalati nelle città di Juigalpa (est) e Nindiri (sud).