(Foto d'archivio Acnur/I.Prickett)
Un altro naufragio davanti all'isola di Lesbo, in Grecia, frontiera dell'Europa. Di almeno 16 morti, fra cui un bambino, è il bilancio delle vittime che si trovavano sull'imbarcazione affondata al largo dell'isola greca. A dare la notizia è stata la guardia costiera greca, secondo cui nove corpi sono stati recuperati in territorio greco e altri sette in acque turche. Alcuni dei sopravvissuti hanno raccontato poi ad alcuni rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati che a bordo dell'imbarcazione che è naufragata c'erano almeno 25 persone. Due dei sopravvissuti, uno dei quali era una donna incinta, sono stati portati nell'ospedale principale dell'isola ha riferito la guardia costiera.
Le ricerche sono ancora in corso; ancora non è nota la dinamica del naufragio: quel che si sa finora è che la barca sarebbe partita domenica 23 aprile a tarda sera dalla costa della Turchia, diretta verso l'isola greca di Lesbo, dove anche papa Francesco aveva scelto di portare un segno di speranza assieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo il 16 aprile 2016.
Un viaggio, quello a Lesbo, peraltro ricordato pochi giorni fa da papa Francesco quando nel corso della visita all'isola Tiberina nel raccontare la storia di un uomo di religione islamica che ha visto la moglie trucidata perché cristiana ha definito i campi profughi campi di detenzione: «Non so se quell'uomo è ancora a Lesbo o è riuscito ad andare altrove - ha detto il Papa - Non so se è stato capace di uscire da quel campo di concentramento, perché i campi dei rifugiati sono di concentramento, per la folla di gente. Sono lasciati lì per la colpa che devono portare avanti questo peso perché gli accordi internazionali - denuncia ancora il Pontefice - sembra che siano più importanti dei diritti umani».