Parrebbe che lo Stato abbia avviato la ricerca di approvvigionamenti alternativi, utilizzando risorse idriche sotterranee, che in tempo di pace aveva assolutamente proibito, per non incorrere nel rischio di accelerare il processo di desertificazione. Adesso, invece, quel rischio è superato dalla certezza della gente che muore di sete. Gente che è umiliata quotidianamente. Non si può evitare di condividere la sofferenza e la pena di quel padre di famiglia che ha figli piccoli a cui non riesce più a provvedere o di quell’uomo che ha i genitori anziani immobilizzati. Riuscite ad immaginarvi quei genitori che, abitando al quinto o sesto piano di un palazzo senza ascensore e con problemi gravi alla schiena, debbono caricarsi sulle spalle l’acqua necessaria alla sopravvivenza della famiglia, fino all’uscio di casa?
Lamentele strazianti si alzano in continuazione dalle strade: si tratta del "grido degli innocenti" che non cessa mai. Semplici e martellanti frasi come queste rimbombano nella nostra mente e nel nostro cuore: «Abbiamo un anziano in fin di vita a casa...»; «C’è una vicina che non riesce più a muoversi, chi e come potrà mai aiutarla?». Ogni volta che l’acqua scarseggia da più di quattro giorni, la richiesta pressante, in verità l’unica richiesta, di tutte le telefonate che riceviamo e la supplica delle persone che bussano alla porta del nostro ufficio parrocchiale e sempre la medesima: acqua.
Tutti gli aleppini accorrono ai pozzi pubblici, solo sporadicamente resi disponibili alla gente, dal mattino fino alla sera. Non si trova per la strada alcun uomo o donna oppure bambino che cammini senza un secchio o una bottiglia tra le mani, poiché dissetarsi vuol dire sopravvivere. Purtroppo non vi è un controllo sanitario sufficiente ai pozzi e quindi, per la mancanza di acqua veramente potabile, si registrano diversi casi di avvelenamento e di febbre dovuta a problemi intestinali.
Le varie comunità cristiane, appartenenti ai diversi riti presenti ad Aleppo, si prodigano per soccorrere tutti quelli che sono nel bisogno, ma non sono assolutamente in grado di sostituire lo Stato e fungere da "ministero delle Risorse idriche". Alcuni hanno cominciato a valutare, nell’immediato, soluzioni temporanee alternative, ma prevalgono le perplessità e il senso di "impotenza" dei più: la situazione che ci troviamo ad affrontare pare essere troppo impegnativa per le nostre sole forze.
Noi padri francescani d’Aleppo stiamo cercando di vivere questa tragedia avendo a cuore l’imperativo della misericordia e soccorrendo, nel bisogno primario dell’acqua, chiunque si rivolge a noi. Abbiamo ben presenti queste parole del Signore: «Ho avuto sete e mi avete dato da bere». Dovete credermi quando vi dico che ogni instante della nostra presenza instancabile tra la gente d’Aleppo si può leggere come l’esercizio di una delle quattordici Opere di Misericordia corporale e spirituale. È in tal modo che il Signore ci accompagna, educandoci ad essere misericordiosi com’è misericordioso il Padre nostro.
Da mesi, le porte del nostro convento di Azizieh sono spalancate e dei tubi trasportano la preziosissima acqua dal pozzo del nostro giardino fino al marciapiedi, di modo che tutti possano venire ad attingere acqua secondo il loro bisogno. Per facilitare questo servizio, alcuni uomini e giovani volontari assistono la gente ad attingere l’acqua in modo ordinato. Ci sono inoltre cinque autisti (altrimenti disoccupati) di camioncini e di auto attrezzate con serbatoi e con pompe che attingono acqua dallo stesso nostro pozzo, per consegnarla poi direttamente nelle case di quelle famiglie che si sono registrate da noi in ufficio.
L’orario di lavoro è senza sosta, dalle sette del mattino fino alle otto e mezza di sera. Nelle condizioni atmosferiche migliori, si arriva a servire fino a 45 abitazioni al giorno, ma dal quarto giorno della mancanza d’acqua in poi, la lista delle famiglie registrate si allunga all’inverosimile fino alle cinquecento, aumentando di giorno in giorno. Oltre ai nostri camioncini, ve ne sono altri tre della Chiesa maronita, a noi confinante, che si approvvigionano sempre al nostro pozzo.
Quello che cerchiamo d’impedire è il commercio e lo sfruttamento di questa tragica situazione da parte di troppi "sfruttatori della crisi", veri pirati. Inoltre diamo lavoro a alcuni uomini, padri di famiglia, che altrimenti sarebbero disoccupati. Con tenerezza e gratitudine osservo, anzi contemplo, dei giovani volontari aiutare i vecchietti che arrivano ad attingere l’acqua, avendo difficoltà a camminare. I giovani si caricano dei serbatoi da dieci litri, con le mani e sulle spalle, e in tal modo accompagnano gli anziani alle loro abitazioni.
Questi giovani "samaritani", una volta ogni due giorni, con trenta litri d’acqua potabile, vanno a far visita ad ogni anziano a loro assegnato... Abbiamo però il timore che il nostro pozzo si secchi... Questo pericolo è reale poiché, nonostante il pozzo sia stato scavato alla profondità di almeno 150 metri, il consumo giornaliero d’acqua, quando la crisi arriva al suo culmine, si aggira circa sui 60mila litri. Quindi il rischio c’è, ma d’altra parte, in tutta coscienza, non si può fare a meno di rispondere alle migliaia di persone che bussano alla nostra porta, mendicando l’acqua.
Anche il Convento francescano di Ram distribuisce l’acqua mediante tubi e rubinetti. Siccome però l’elettricità manca ovunque, come da noi ad Azizieh si ha un grande consumo di gasolio necessario a far funzionare il generatore elettrico. L’acqua di Ram, a differenza della nostra, non è potabile, ma serve comunque per tutti gli altri usi, facilitando la vita a molta gente che vive attorno a noi e che non ha alternative. La terza presenza dei francescani ad Aleppo è il "Collegio di Terra Santa", dove esiste già un pozzo, purtroppo inutilizzato per la popolazione. Occorrerebbe acquistare un nuovo generatore elettrico con tutti gli accessori del caso, onde rendere disponibile la sua acqua potabile. Sappiamo tuttavia che ad Aleppo parecchie abitazioni non dispongono del serbatoio dell’acqua oppure quello che c’è è stato danneggiato dalle bombe.
Per questo abbiamo cominciato ad agosto ad acquistare dei serbatoi da distribuire gratuitamente e questo progetto attualmente sta continuando. Ad oggi ne abbiamo già distribuiti 180, ma altre centinaia di famiglie ne hanno fatta richiesta e stanno aspettando ansiosamente il loro turno. Un nuovo serbatoio, quando arriva in casa e viene installato senza alcun costo per la famiglia, è un meraviglioso dono del cielo: l’acqua quando arriva ai rubinetti, riempie i serbatoi e nel momento in cui se ne va, la vita della famiglia può continuare per un po’ di tempo in una condizione di quasi "normalità".
O Signore, quanti pesi gravitano sulle nostre deboli spalle, chiamati ad accompagnare e assistere la gente che oggi vive ad Aleppo! Quante croci "scorticano" le spalle del popolo che grida: «Fino a quando, o Signore, continuerai a scordarti di noi». Questa piaga "biblica" della mancanza d’acqua è molto più di quanto si riesca a sopportare. Paradossalmente però, nella carenza di ciò che è essenziale per la vita, noi riusciamo a scorgere l’immenso dono di grazie che il Signore sta offrendo ad Aleppo: una grande riserva di risorse umane "sotterranee" e quella bellezza, verità e bontà che abitano la nostra comunione. E più ancora, è nella mendicanza di ogni istante per l’acqua, che abbiamo riscoperto l’evidente importanza di questo semplice e umile dono che ci ha fatto dal Signore. Oggi, infatti, ad Aleppo, non si può bere un sol bicchiere d’acqua potabile senza esultare ed esclamare con tutto il cuore: «Lodato sii, mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile e preziosa e casta».
* parroco di San Francesco ad Aleppo