Sfollati interni nel Myanmar Nord occidentale - Reuters
Si vanno intensificando le operazioni con cui i militari cercano di imporsi in Myanmar a quattro mesi dal colpo di stato e dopo un decennio in cui sembravano avere riconosciuto il ruolo di un governo civile in cambio di immunità per i crimini del passato, potere di veto in Parlamento e la conservazione di forti privilegi economici.
Le operazioni repressive si sono spostate dal confronto nelle grandi città a rastrellamenti mirati di oppositori, esecuzioni sommarie e il rinvio a giudizio dei leader politici esautorati, tra cui la Premio Nobel Aung san Suu Kyi, leader storica dell’opposizione non violenta, con un ruolo primario nel precedente governo.
Da domenica a subire l’aggressione portata con artiglieria pesante, elicotteri e aerei sono i Karenni residenti nello Stato Kayah, soprattutto le postazioni della Forza di difesa del popolo karenni che nei giorni precedenti aveva attaccato obiettivi governativi per allentare la pressione sulla popolazione civile. Un terzo dei Karenni (Kayah) sono di fede cristiana e molti sono ora in fuga dall’offensiva governativa, come – si calcola – un terzo dell’intera popolazione dello Stato, meno di 400mila individui.
Davanti a rischi crescenti sette parrocchie cattoliche della diocesi di Loikaw (Demoso, Dongankha, Tananukwe, Donganrao, Domyalay, Kayantharya e Loilemlay) sono già state evacuate dei 35mila cattolici residenti (su oltre 90mila nell’intera diocesi). Tra questi 15 sacerdoti, 24 suore, 39 catechisti e un centinaio di volontari impegnati in attività caritative e di supporto pastorali.
Una conferma è arrivata dalla Chiesa locale. «Città e villaggi sono stati attaccati pesantemente senza alcun rispetto per la sicurezza della popolazione. Molti hanno urgente bisogno di cibo, medicine e rifugio, dato che siamo all’inizio della stagione delle piogge e si manifestano problemi intestinali dovuti probabilmente a acqua contaminata e all’igiene precaria», ha segnalato all’agenzia Fides padre Paul Tinreh, coordinatore delle attività pastorali delle diocesi di Loikaw.
Una situazione che coinvolge tanti cattolici e li pone davanti a seri rischi, come dimostrato dall’uccisione la scorsa settimana di due giovani impegnati nell’aiuto ai profughi a Demoso, ma anche dal saccheggio della casa parrocchiale e del convento di suore nella stessa città. A Loikaw, ricorda ancora Fides, un volontario di fede buddhista che aiutava nella preparazione di cibo per 1.300 sfollati ospitati nel seminario, è stato ucciso durante una vera e propria “caccia all’uomo” che ha coinvolto il seminario, il convento delle suore e l’ospizio per anziani. «Come se non bastasse – ricorda ancora padre Tinreh – i militari hanno bloccato ogni strada d’accesso allo Stato per prevenire l’arrivo di aiuti umanitari». Una situazione che rende concreto il rischio di sconfinamento verso la Thailandia di migliaia di profughi.
Altrove, come nello Stato Kachin, sono in corso bombardamenti nella regione di Sagaing, tra quelle dove più intensa si è sviluppata a la resistenza al regime, in questo caso sostenuta da squadre di difesa locale. Come quella che lunedì ha teso un’imboscato a un convoglio militare, ma sempre più ad essere coinvolto è l’Esercito per l’indipendenza Kachin, tra le milizie etniche più agguerrite. Difficile valutare i dati forniti dalle parti riguardo le conseguenze delle operazioni militari, ma sarebbero decine i militari uccisi durante nelle ultime settimane, come pure in attentati e agguati che non hanno risparmiato Yangon.