Il dolore dei parenti ai funerali di Ko Zaw Latt,18 anni, ucciso a colpi d'arma da fuoco durante un corteo di protesta a Mandalay - Ansa
Il massacro in Myanmar non si ferma: 550 morti, migliaia di persone ferite, o arrestate, o costrette a fuggire. Nelle strade la repressione è costante, e le pallottole vere. I bombardamenti dell’Aviazione militare, soprattutto sulle aree settentrionali e orientali del Paese, si stanno intensificando: nel mirino ci finiscono i villaggi. E i civili. Tra cui molti bambini. Una situazione che prelude a un esodo oltre i confini al momento sigillati con Thailandia e Cina. Una strage quotidiana, che va avanti da due mesi.
Psichiatria Democratica – l’associazione che mantiene vivo l’impegno etico-politico contro l’emarginazione, l’esclusione, la segregazione dei pazienti con problemi psichiatrici – si è incaricata di lanciare una petizione per dire basta. «Perché la società civile non può assistere passiva a questo ennesimo massacro del diritto e delle persone». E le adesioni sulla piattaforma Aavaz dal sito www.psichiatriademocratica.org stanno crescendo di minuto in minuto.
L’appello è stato rivolto al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro degli Esteri Luigi di Maio e indirizzato anche al presidente della Commissione Esteri della Camera, Piero Fassino. Le Associazioni e i cittadini firmatari chiedono che «si metta fine al massacro e cessino le violenze contro inermi cittadini, che non si sono fermate nemmeno durante i funerali di una delle vittime civili».
«Per noi è quanto mai urgente che si ristabiliscano le regole democratiche e si rilanci il processo di pacificazione e di sviluppo per l’ex popolo birmano tanto provato», scrivono i promotori di Psichiatria Democratica Emilio Lupo, Salvatore Di Fede e Antonello d’Elia. Tra le prime firme, quelle di Magistratura Democratica, di don Luigi Ciotti, del Segretario generale della Cgil Maurizio Landini, del giornalista e scrittore Furio Colombo, del presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna e a quello della FNSI Giuseppe Giulietti, di Flavio Lotti della Tavola della pace, quindi del pianista maestro Michele Campanella, di Luca Zevi, Vincenzo Vita e Niki Vendola, Livio Pepino, Guido Silvestri (Silver), Sergio Staino, Isaia Sales, Ricky Gianco, Nino Daniele, Roberto Monteforte ed esponenti dell’associazionismo cattolico e delle comunità di base, di quelle cattoliche e protestanti, di Medicina Democratica, Cittadinanza Attiva, del segretario dell’Associazione Stampa Romana Lazzaro Pappagallo, la Rete No Bavaglio e poi intellettuali, giornalisti, medici, psichiatri, magistrati, docenti, sindacalisti e tanti cittadini di ogni orientamento.
Al governo italiano si chiede di agire con decisione e di dare voce a questa indignazione. Ma è anche all’opinione pubblica che si rivolgono i promotori l’appello, «perché – raccogliendo il monito contro la violenza e per la pace di papa Francesco – si faccia sentire la vicinanza alla popolazione del Myanmar, spingendo per un isolamento del regime militare e per un rapido ritorno della democrazia in quel Paese».