martedì 25 giugno 2019
Si terrà non prima di agosto, nonostante fosse fissata per oggi. Dovevano essere discusse le rivelazioni sul ruolo dell'attuale ministro della Giustizia, Moro, che avrebbe «influenzato» i giudici
L'ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva è detenuto per corruzione dall'aprile dello scorso anno (Ansa)

L'ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva è detenuto per corruzione dall'aprile dello scorso anno (Ansa)

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La Corte Suprema del Brasile ha rinviato "sine die" l'udienza, prevista oggi, per l'esame di una richiesta di scarcerazione dell'ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, detenuto per corruzione. La giudice Carmen Lucia, presidente del secondo Tribunale del Supremo tribunale federale (Stf), ha tolto il ricorso dall'ordine del giorno; la richiesta non dovrebbe essere così riesaminata prima del mese di agosto. L'udienza era particolarmente attesa dopo le rilevazioni sui contatti tra l'ex giudice anticorruzione Sergio Moro, ora ministro della Giustizia, e rappresentanti della procura nel corso dell'indagine Lava Jato che ha portato l'ex capo di Stato in carcere. Nel 2017 Lula è stato condannato dal giudice Moro a 9 anni e mezzo di carcere per corruzione passiva e riciclaggio di denaro, pena ridotta poi a otto anni e 10 mesi. In prigione dall'aprile 2018, il 73enne rivendica la propria innocenza e denuncia una cospirazione per impedirgli di essere rieletto alle presidenziali dell'autunno dello scorso anno, dove era ampiamente favorito. Mentre lui era in cella, sostituito nella corsa al Planalto dal delfino Fernando Haddad, ha vinto il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro.

Il ricorso mette in causa l'imparzialità di Moro in relazione alla sua attuale presenza al governo ed era stato depositato prima che il sito investigativo The Intercept Brasil pubblicasse una serie di conversazioni tra il giudice e i procuratori. In un articolo pubblicato lunedì su Le Monde, una decina di magistrati e avvocati internazionali, tra cui lo spagnolo Baltasar Garzon, ha chiesto alle autorità brasiliane di annullare la condanna "ingiusta e illegale". "Non solo Sergio Moro ha condotto l'iter in totale parzialità, ma è stato in realtà lui a guidare l'accusa, in spregio alle regole più fondamentali della procedura in Brasile", hanno scritto i firmatari. Interrogato il 19 giugno dalla commissione per la Costituzione e giustizia al Senato, l'ex giudice anticorruzione ha definito "sensazionalisti" e spinti da "spirito di vendetta" gli autori delle rivelazioni, respingendo le accuse di "qualsiasi sbandamento etico".



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