Un centro per la cura della tbc a Amritsar, in India (Ansa)
Provoca più vittime di Hiv e malaria messe insieme e in molti Paesi è la prima causa di morte se si escludono gli omicidi. E’ la tubercolosi, malattia “dimenticata” per eccellenza nel Nord del mondo ma che a livello globale è un killer silenzioso da due milioni di decessi l’anno. Ebbene, sono stati necessari 73 anni alle Nazioni Unite per convocare una settimana fa a Palazzo di vetro un vertice sulla malattia infettiva più mortale, un vertice presto trasformatosi in una resa dei conti tra chi, come gli Stati Uniti, non ha mai nascosto il suo appoggio a Big Pharma, le multinazionali farmaceutiche, e il Sudafrica, capofila dei Paesi che si battono per abbassare il costo delle cure. E se è vero che alle parole dovranno poi seguire i fatti, il risultato ottenuto da Pretoria è di quelli che possono fare la storia.
Nella dichiarazione finale del vertice, le Nazioni Unite si sono infatti impegnate a curare 40 milioni di persone entro il 2022. Il che si tradurrebbe non solo nella drastica riduzione del numero di morti, ma anche nel miglioramento delle condizioni di milioni di contagiati che, pur sopravvivendo, sviluppano effetti collaterali come danni all’udito o malattie mentali. Da tempo sono in aumento i casi di contagio da forme di tbc resistenti ai farmaci. I trattamenti più vecchi e più economici per questa Tbc comprendono almeno sei mesi di iniezioni quotidiane e dolorose, senza appunto calcolare gli effetti collaterali. Nuove terapie, più brevi e meno gravose, con l’utilizzo di farmaci come la bedaquilina, sono già disponibili, ma a caro prezzo.
Recentemente il Sudafrica, dove i casi di tbc sono stati 333mila nel 2017, è riuscito a negoziare un taglio dell’importo con l’azienda farmaceutica Johnson&Johnson. Il farmaco, che nei Paesi a medio reddito come il Sudafrica costava l’equivalente di circa 2.500 euro per un trattamento di sei mesi, ora costa 365 euro. Un costo che però, secondo la consulente di Medici senza frontiere (Msf) Sharonann Lynch, è ancora troppo alto.
Duro è stato lo scontro all’Onu sui termini da includere nella dichiarazione finale del vertice. Nodo del contendere: includere una dicitura che affermasse il diritto dei Paesi a mettere gli interessi dei pazienti prima dei brevetti in casi di salute pubblica. Nel 2001 gli Stati Uniti minacciarono la Bayer, che produceva il farmaco contro l’antrace, di sfruttare il cosiddetto Trips, ottenendo una riduzione del prezzo per il medicinale. Viceversa, Washington avrebbe permesso anche ad altre aziende farmaceutiche di produrre il farmaco anti-antrace a causa di un’emergenza di salute pubblica. Il Trips – in italiano “Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale”, promosso dalla Wto – protegge infatti il diritto dei Paesi a garantire l’accesso ai farmaci (ribaltando la normale protezione dei brevetti) per ragioni di salute pubblica.
Nonostante gli Usa si siano quindi avvalsi della flessibilità garantita dal Trips in passato, Washington si è sempre mostrata meno accomodante in questo senso quando sono stati gli altri Paesi ad avanzare tali richieste. E così una prima versione della dichiarazione Onu sulla Tbc non faceva alcuna menzione di un simile strumento. Conteneva, invece, questa frase: “Riconosciamo che i diritti di proprietà intellettuale sono un incentivo importante nello sviluppo di nuovi prodotti sanitari”. Un testo subito bollato come bugiardo da Msf relativamente alle epidemie nei Paesi in via di sviluppo. Per protesta, il Sudafrica era arrivato a sospendere i negoziati: dietro le quinte lo scontro con i Paesi sostenuti dalle lobby di Big Pharma si faceva sempre più duro. Ma le pressioni di Pretoria sono infine riuscite a ottenere almeno una prima menzione del Trips nel documento.
“La Tbc non è solo una condizione medica. Povertà, disoccupazione, malnutrizione, sovraffollamento e stigma sociale alimentano la diffusione della malattia. Questo significa che i poveri e gli emarginati sopportano un fardello sproporzionato - ha sottolineato durante il vertice all’Onu il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa -. Abbiamo bisogno che i farmaci siano abbordabili, sfruttando la flessibilità del Trips”. Gli attivisti sottolineano che alle parole debbano seguire i fatti, ovvero fondi veri nella lotta alla Tbc. Ma per ora la stessa Msf sottolinea che un primo risultato è stato ottenuto. “E’ diritto del Sudafrica e di altri Paesi come l’India esplorare la flessibilità del Trips invece di aspettare passivamente l’azione benevola di qualche azienda farmaceutica. Di fatto, è una prima vittoria”.