sabato 4 febbraio 2017
Stupri, sparizioni, fuga di massa. L'esercito birmano ha «sigillato» la regione a nord di Maungdaw. Centinaia di vittime. Un rapporto delle Nazioni Unite
L'Onu: villaggi distrutti, stupri. Ecco i crimini contro il popolo Rohingya
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La tragedia dei Rohingya si alimenta sempre di nuovi episodi che confermano la condizione disperata di questa etnia musulmana, privata di cittadinanza e di diritti in Myanmar, costretta a subire una persecuzione che ha pochi precedenti. Non a caso, un nuovo rapporto diffuso ieri dall’Alto commissariato Onu ai diritti umani indica come «molto probabile» che dallo scorso ottobre siano stati commessi crimini «senza precedenti» nell’ultima ondata persecutoria che nelle regioni occidentali del Myanmar ha colpito i Rohingya costringendo «alla fuga oltre confine 66mila persone e altre 22mila a spostarsi all’interno».

Sarebbero «centinaia i Rohingya uccisi nella regione a nord di Maungdaw, nello Stato Rakhine», “sigillata” dall’esercito per impedire che mass media e organizzazioni internazionali potessero testimoniare il risultato delle loro operazioni successive agli attacchi a alcuni posti di polizia il 9 ottobre e alla morte di nove agenti che le autorità militari hanno attribuito a militanti musulmani infiltrati dal Bangladesh. Il rapporto, compilato sulla base di centinaia di interviste tra i profughi arrivati in Bangladesh per sfuggire all’offensiva dell’esercito birmano, evidenzia l’uccisione di uomini e donne di ogni età, inclusi neonati e bambini, spari contro i fuggiaschi, un’ampia casistica di stupri, sparizioni e – negata dalle autorità militari ma confermata dalla fotografia aerea – la distruzione con il fuoco di interi villaggi.


«La devastante crudeltà che questi bambini Rohingya hanno subito è insopportabile. Quale forma di odio può portare un uomo a accoltellare un bambino che piange per avere il latte dalla madre o per una madre assistere a questo omicidio mentre viene stuprata dalle stessi uomini delle forze di sicurezza che avrebbero dovuto proteggerla? Che tipo di “operazione di rastrellamento” è questa? A quali obiettivi di sicurezza nazionale servirebbe?», ha detto l’Alto commissario per i Diritti umani dell’Onu, Zeid Ra’ad Zeid al-Hussein presentando il rapporto.

Dei 204 intervistati dai funzionari Onu, la grande maggioranza ha indicato di avere assistito a uccisioni sommarie e quasi la metà di avere avuto almeno un membro della famiglia ucciso oppure scomparso. Delle 101 donne intervistate, oltre la metà hanno subito una forma di abuso sessuale. Particolarmente crudi i racconti della sorte di bambini. Tra le testimonianze citate nel rapporto, quella di una donna che ha raccontato come abbiano tagliato la gola al figlio di otto mesi mente veniva violentata da cinque soldati e di un’altra che ha visto uccidere la figlia di cinque anni che tentava di difenderla dagli stupratori.

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