giovedì 16 marzo 2023
Il furto, da un deposito, sarebbe opera di milizie del vicino Ciad: «Pensavano fossero armi». Gli ispettori Aiea: trovato un buco nel muro per far passare i barili
Allarme uranio: «Sparite 2,5 tonnellate». E l'esercito di Haftar lo ritrova

da al Wasat

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Giallo su 10 container di uranio in Libia "scomparsi" dal deposito blindato e poi misteriosamente ritrovati 5 chilometri più a Sud, verso il confine con il Ciad. L'allarme, nella notte tra martedì e mercoledì, viene dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica che, dopo una ispezione al deposito segnalava la sparizione di circa 2,5 tonnellate di uranio. I dieci container di concentrato di uranio (yellowcake) «non erano più dove le autorità avevano dichiarato che fossero», si leggeva nel rapporto del direttore generale Rafael Grossi. Un motivo più che sufficiente per far scattare verifiche «aggiuntive» da parte dell'agenzia Onu per «chiarire le circostanze della scomparsa del materiale nucleare e la sua localizzazione attuale».

L'annuncio materializzava in un attimo il rischio, in uno Stato fallito come la Libia, del trafugamento di materiale radioattivo e quindi della possibile proliferazione nucleare attraverso la creazione di bombe sporche. La Libia ha infatti abbandonato il suo programma di sviluppo delle armi nucleari nel 2003, durante il regime di Muammar Gheddafi ma dalla caduta dell'ex colonnello nel 2011, il Paese è precipitato in una crisi politica e militare che alimenta l'insicurezza, compresa quella dei depositi radioattivi.

Un allarme, quello dell'Aiea, rientrati in meno di 24 ore. L'esercito nazionale libico di Khalifa Haftar, l'uomo forte che di fatto controlla la Cirenaica, ha fatto sapere che i fusti di uranio sono stati «ritrovati a 5 km di distanza dal precedente deposito verso il confine con il Ciad». A trafugare solo per pochi chilometri l'uranio, secondo lo stato maggiore del Lna di Haftar, sarebbero stati ribelli ciadiani che poi l'hanno abbandonato dopo aver compreso la pericolosità della refurtiva, tra l'altro per loro inutile.

Per compiere l'incursione e il trafugamento i miliziani avrebbero approfittato della scarsa sorveglianza del deposito, da cui le guardie si tenevano a distanza temendo di essere danneggiate dalle radiazioni in assenza di dispositivi di protezione adeguati. Le milizie ciadiane, si legge sul sito al-Wasat, pensavano che il deposito «contenesse munizioni o armi di cui potessero beneficiare». Una circostanza che ha subito dato l'avvio a una polemica tra l'esercito di Haftar e l'Aiea accusata di non aver provveduto alle esigenze delle guardie che avrebbero dovuto essere rifornite di adeguato equipaggiamento. Ad aumentare l'inquietudine su possibili furti di materiali radioattivi, è però un particolare sottolineato dagli ispettori dell'Aiea che non visitavano più il deposito dal 2020: un buco aperto lungo un muro permette il passaggio di un barile. Barili quasi in libertà, a pochi chilometri da uno dei confini più porosi dell'Africa.

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