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Alle 6.43 le sirene che svegliano Odessa ricordano che questa potrebbe essere una giornata di guerra peggiore del solito. Segnalate anche esplosioni nei dintorni della città sul mar Nero. Il 2 maggio 2014 nella Casa dei sindacati, un gigantesco edificio non lontano dalla stazione ferroviaria, nel pieno degli scontri tra filorussi e sostenitori della rivoluzione "Euromaidan" che dilagava in tutto il Paese per disarcionare i governi installati da Mosca, una quarantina di persone morirono nell'incendio dell'edificio.
Lo scambio di accuse e le inchieste mai andate in porto è rimasto vivo nel discorso pubblico di Vladimir Putin che più volte ha citato quell'episodio. Perciò a Odessa è stato esteso il coprifuoco, nel timore di una pesante rappresaglia russa a distanza di otto anni. La città è deserta, i centri sensibili sono sorvegliati e la contraerea è tenuta pienamente operativa.
Che le cose stessero tornando ai primi giorni di guerra, quando gli attacchi erano ad ogni ora, la gente di Odessa lo ha compreso sabato pomeriggio, quando allo scoccare delle 17 la "Perla del Mar Nero" esaurisce l'ora d'aria permessa da una tregua non dichiarata e illusoria. Tre boati scuotono il cielo terso della città che per un giorno credeva di poter stare all’aperto, tra i giardini e il mare, senza dover pensare sempre alla guerra. I missili hanno centrato l’aeroporto, danneggiando la pista. E domani saranno otto anni dall’eccidio di filorussi, almeno 50 morti negli scontri del 2 maggio 2014. Allora la comunità internazionale chiese un’inchiesta indipendente sull’incendio della Casa dei sindacati, dove i russofili si erano rifugiati. E non aver trovato i colpevoli è uno dei pretesti usati frequentemente da Putin per giustificare l’aggressione. Le sirene di allarme sono state azionate a cose fatte. Solo venerdì tre missili su tre erano stati intercettati e distrutti in volo e ieri la città aveva ricevuto rassicurazioni: «Abbiamo montato e messo in funzione un sistema contraereo di ultima generazione », dicevano le autorità locali. Di sicuro la barriera antimissile è stata bucata. È la prova che Mosca sta alzando la posta, utilizzando armi che i radar non hanno fatto in tempo ad avvistare, mentre alcuni droni sono stati abbattuti poco dopo l’attacco all’aeroporto.
Poco prima l’agenzia di stampa Unian aveva diffuso una nota della polizia nazionale ucraina secondo cui «i servizi speciali russi hanno pianificato di destabilizzare la situazione nella regione di Odessa incitando i cittadini a rivolte e proteste nella giornata del 2 maggio. Da oggi scatta il coprifuoco ininterrotto fino a martedì. Chiunque sarà in strada verrà trattato come un nemico», avvertono i militari. Per tutta la giornata militari e agenti hanno eseguito controlli e perquisizioni. «Sono state trovate e sequestrate armi – informa la polizia – oltre ad armamentario comunista, opuscoli con simboli comunisti e altri simboli proibiti, oltre a granate, munizioni, telefoni cellulari e attrezzature».
L’effetto psicologico del nuovo attacco si è fatto subito sentire. Chi ha potuto è saltato in macchina per allontanarsi dal centro, temendo che le esplosioni potessero giungere fin dentro alle vie dei palazzi dell’amministrazione. Molti, però, non si sono mossi dai tavoli dei bar. In un sabato che sembrava di apparente normalità. Nei giorni precedenti erano stati rimossi gran parte dei cavalli di Frisia e delle barriere di cemento armato poste a protezione della città storica. E dopo quasi settanta giorni, finalmente una notte è trascorsa senza che le sirene interrompessero il sonno costringendo a ripararsi negli scantinati e nei garage. La Odessa che resiste si era svegliata lontano dall’immagine tutta elmetto e grilletto. Famiglie a passeggiare per i parchi. Soldati in libera uscita a spasso con le fidanzate. Scene già viste un secolo fa di veterani senza più una gamba applauditi dai passanti e incoraggiati dagli amici. Qualcuno si azzarda a dargli una pacca, altri gli chiedono un selfie. Più in là, dove la collina si apre al mare, ci sono le ragazze che prendono il sole indossando il primo bikini della stagione. La temperatura non lo consentirebbe, ma molte cose si fanno in guerra nel timore di non aver tempo di recupera- re. I soldati le guardano: «Che cavolo ci torniamo a fare al fronte», dice uno mentre inciampa nel suo stesso fucile. Se ne restano lì, impalati a guardarle. E per un momento sembrano non pensare alle battaglie di domani. Odessa che resiste sono gli sposi che siedono sul bordo della fontana mentre il fotografo di cerimonia aggiusta il velo, mentre due vecchi mano nella mano cercano una panchina libera. Figli e nipoti sono scappati all’estero e loro sono contenti di saperli vivi e fuori dai guai.
Domani l’anniversario dell’eccidio di filorussi nel 2014
«Abbiamo dovuto ricostruire le nostre vite dopo i russi già una volta. Possiamo farlo ancora», assicura la moglie che ha imparato il francese andando all’Opera fin da ragazzina. Non lontano dalle trincee di sacchi di sabbia i bambini giocano con i monopattini attorno una esposizione fotografica che racconta il dolore del conflitto ed esalta il valore dei combattenti. Non c’è ancora spazio per parole come “pace” e meno che mai “cessate il fuoco”. Quando i missili cadono ci restano male le ragazze che si erano rimesse in ghingheri.
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Ma il più preoccupato è Igor, che ha un nome da russo e un problema da risolvere. Mesi fa pensava di aver fatto una cosa originale tatuandosi lo spadaccino Zorro che traccia una “Z” con tre sciabolate sul bicipite. Ora è in coda dal “tatoo artist”, almeno per farsi cancellare la lettera del nemico. Molti guardano al cielo, ma la gran parte si aspetta notizie dal vicino fronte orientale. La resistenza militare e l’opposizione dei cittadini rimasti stanno ostacolando il piano del Cremlino di tenere un referendum per proclamare una repubblica separatista anche nell’area della città di Kherson, snodo strategico per accedere via terra alla Crimea annessa dalla Russia nel 2014. Secondo Vadym Skibitsky, una delle voci pubbliche dell’intelligence militare di Kiev, «Putin deve dimostrare il suo successo entro il 9 maggio ». È la data in cui si ricorda la vittoria sui nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Se Kherson dovesse definitivamente cadere e consegnarsi politicamente al Cremlino, allora Odessa sarebbe ancora più in pericolo. Perciò la data del 2 maggio è attesa come una condanna certa contro cui si prega e si combatte. Sul far della sera non solo le sirene, anche le campane riprendono a suonare. Nessuno sa da dove arriveranno i prossimi colpi e dove cadranno. Domenica scorsa era la Pasqua ortodossa, ma la via Crucis ucraina non è ancora all’ultima stazione.