Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nega tutte le accusa (Ansa)
La polizia israeliana ha raccomandato l’incriminazione del premier Benjamin Netanyahu per corruzione in relazione a due inchieste nelle quali è indagato: il “Case 1000”, in cui è sospettato di aver accettato regali di lusso da ricchi benefattori per favorire i loro interessi; e il “Case 2000”, secondo il quale avrebbe tentato di stringere un accordo con il quotidiano Yedioth Ahronoth per assicurarsi una copertura favorevole, promettendo in cambio di danneggiare il giornale rivale, Israel Hayom . «Ci sono evidenze sufficienti contro il premier», ha spiegato un portavoce della polizia. Netanyahu ha sempre smentito tutto. Nei giorni scorsi, ha apertamente messo in dubbio la correttezza del commissario di polizia e degli altri alti ufficiali incaricati dell’inchiesta.
E ieri si è rivolto alla Nazione con un discorso in diretta, proclamando la sua innocenza. «Siccome io so la verità – ha detto in Tv –, tutto si concluderà con un nulla di fatto. Queste raccomandazioni non hanno alcun valore giuridico in un Paese democratico. Non è la polizia che decide, ma la magistratura». «Continuerò a guidare Israele in modo responsabile e leale – ha concluso –. Ho lavorato tutta la vita per Israele, non per i sigari degli amici né per una migliore copertura mediatica». La decisione di accusare formalmente Netanyahu dipende ora solo dal procuratore generale Avishaï Mandelblit. La ministra della Giustizia, Ayelet Shaked, ha già detto che un capo del governo sotto accusa non è obbligato a dimettersi. Netanyahu, 68 anni, è primo ministro dal 2009.
"Voglio rassicurare i cittadini che il governo di coalizione è stabile. Nessuno, né io né altri, progetta di andare ad elezioni anticipate - ha spiegato stamani il premier -. Continueremo a lavorare fino alla fine del mandato". Netanyahu ha anche aggiunto che "l'indagine della polizia" nei suoi confronti "è piena di buchi, come una groviera".
Intanto, i giudici israeliani del tribunale militare nella base di Ofer, in Cisgiordania, hanno disposto un processo a porte chiuse per Ahed Tamimi, l’adolescente palestinese in carcere da fine dicembre per aver schiaffeggiato due militari israeliani. Secondo il legale della famiglia, «vogliono che tutto si svolga lontano dai riflettori».