Il segretario di Stato, Parolin, con il presidente del Vietnam, Vo Van Thuong - ANSA
L’Accordo sulla presenza ad Hanoi di un «rappresentante pontificio residente» non è «solo un traguardo», bensì «un nuovo inizio», nel segno «del reciproco rispetto e della reciproca fiducia» tra Santa Sede e la Repubblica socialista del Vietnam.
Lo spiega il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin in una intervista ai media vaticani in cui illustra le caratteristiche di questo accordo che crea una «res nova in iure», quella appunto di un «rappresentante pontificio residente» che tecnicamente non è un “nunzio apostolico”, visto che tra le due parti ancora non ci sono pieni rapporti diplomatici, anche se ne assume molte delle caratteristiche.
Il Vietnam in passato ha visto la presenza di un delegato apostolico (rappresentante del Papa presso la Chiesa locale ma non presso il governo) residente dapprima ad Hanoi (fino al 1955), poi a Saigon. Questa delegazione cessò le attività nel 1975 quando, al termine di una sanguinosa guerra, il governo socialista del Nord occupò il Sud che era stato sostenuto militarmente dagli Usa.
Seguirono anni difficili per la Chiesa locale e nessuna comunicazione tra governo comunista e Santa Sede. Nell’intervista Parolin ricorda che l’apertura dei rapporti con le Autorità vietnamite risale al 1989, quando il cardinale Roger Etchegaray, allora presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, poté compiere una visita ufficiale in Vietnam. Si avviò così la prassi della visita annuale di una delegazione della Santa Sede, dedicata in parte ai contatti con il Governo e in parte all’incontro con le comunità diocesane.
Nel 1996 iniziarono i colloqui per definire un modus operandi relativo alla nomina dei vescovi. Nel dicembre 2009 venne in Vaticano il presidente Nguyen Minh Triet per incontrare Benedetto XVI. Si è quindi formato un Gruppo di Lavoro congiunto, che ha aperto la strada alla nomina nel gennaio 2011 di un Rappresentante Pontificio non residente con base in Singapore.
Ora il Gruppo di Lavoro ha raggiunto un nuovo traguardo, permettendo, spiega Parolin, «di trovare una soluzione condivisa, che potremmo definire una “res nova in iure”». Infatti il Rappresentante Pontificio Residente, pur non essendo formalmente un nunzio, avrò, al pari di esso, «il compito di rafforzare le relazioni amichevoli tra Santa Sede e Governo» e potrà «partecipare agli incontri ordinari del Corpo diplomatico e ai ricevimenti, nonché avere incontri personali con i diplomatici». L’obiettivo è che questa figura «possa essere un “ponte” per migliorare ulteriormente le relazioni tra Vietnam e Santa Sede».