«Avviciniamoci gli uni agli altri in questa notte di dolore». La voce calma di monsignor Heiner Koch s’è incrinata un momento per la commozione mentre rivolgeva l’appello alle quattrocento persone riunite nella chiesa del Ricordo, il giorno dopo la strage di Breitscheid Platz. Cristiani, islamici, ebrei, donne e uomini d’ogni fede e non credenti si sono stretti intorno alle vittime, massacrate dalla follia insensata proprio a pochi passi dal monumento-simbolo di Berlino, all’incrocio tra Hardenberg Strasse e Kant Strasse. Là, ogni anno, viene allestito uno dei più popolari mercatini di Natale. Là, l’arcivescovo della capitale ha partecipato alla toccante cerimonia ecumenica con cui la metropoli ha risposto da subito a quanti strumentalizzano la religione per trasformarla in strumento di morte. Ma anche a coloro che cavalcano il terrorismo per acquisire consensi politici. Alla vigilia di Natale, monsignor Koch rinnova l’invito a non lasciarsi dividere dagli strateghi della violenza e dai seminatori di paura. «Proprio nel messaggio autentico del Natale, possiamo e dobbiamo trovare la giusta reazione di fronte all’odio e alla violenza», afferma il pastore, da sempre in prima linea per il dialogo. Poi aggiunge: «L’impegno per promuovere l’amore e la pace sulla terra è l’unica risposta. Dobbiamo esserne convinti se vogliamo celebrare e vivere in modo consapevole questa festività». È la luce del mistero dell’Incarnazione a guidare le riflessioni dell’arcivescovo mentre Berlino, ferita e sgomenta, lotta per non soccombere al dolore e alla rabbia.
Monsignor Koch, che vuole dire alla sua città e al suo popolo in questo momento drammatico?
Di imparare dal Natale. Quest’ultimo racconta la dignità dell’uomo che nessuno può rubare. Racconta la sua grandezza, che si conserva intatta anche quando viene calpestato, deriso o emarginato. Dio stesso è diventato uomo. Per questo, i cristiani devono stare lì dove la dignità dell’individuo – chiunque esso sia – è oltraggiata.
Molti islamici hanno partecipato alla celebrazione ecumenica di martedì. E tanti andranno alla Veglia natalizia di domani sera in solidarietà con i colpiti dal massacro di lunedì. Che cosa significano questi gesti?
Specialmente ora, dopo questo terribile attentato, non possiamo permetterci di essere divisi, di scagliarci gli uni contro gli altri, di accusarci a vicenda. Dobbiamo – e dovremo – vivere insieme a Berlino. Tutti. Islamici, ebrei, cristiani, atei, stranieri, tedeschi, rifugiati, berlinesi.
Eppure c’è chi sostiene che sia la religione il problema... L’attacco ha colpito tutti, non solo un gruppo di persone. Degli innocenti sono morti e tutti, ora, hanno paura. Ci troviamo di fronte a un caso emblematico in cui la religione viene manipolata per giustificare la violenza. Questa, però, non c’entra. Viene usata come movente, ma non lo è. Nessuna fede, vissuta in modo autentico, spinge ad atti di terrorismo.
Che cosa, dunque, possono fare i credenti per combattere l’estremismo?
Possiamo solo ricordare il fine autentico della religione: aiutare le persone a capire che la vita ha un valore.
Oltretutto l’estremismo non è solo un problema dell’islam...
Nel 2017, in Germania, ricorderemo l’epoca della Riforma e della Controriforma, quando protestanti e cattolici si fecero guerra nel nome della fede. Anche se è un fatto del passato, non possiamo certo dimenticarlo e puntare il dito sulle altre religioni.
Alcuni politici utilizzano l’attentato per chiedere una stretta sull’immigrazione...
Chi lo fa manca di rispetto alle vittime. Quanto è accaduto non ha niente a che fare con la politica di accoglienza nei confronti dei rifugiati. Le critiche alla cancelliera a tal proposito sono assurde e gratuite.
Che cosa può e deve fare la Chiesa per aiutare la società a restare unita, a resistere alle “sirene” di quanti cercano di lacerarla?
Sono profondamente convinto che Gesù si sia fatto uomo per tutti, non solo per i cristiani. Questo mi porta ad offrire aiuto a ciascun essere umano in cui m’imbatto. Soprattutto a chi è emarginato, tagliato fuori, ignorato. A chi non sa o non può difendersi. Come cristiani, dobbiamo essere ponti. Mediare tra diverse lingue, tradizioni, religioni, visioni del mondo.
L'arcivescovo: dopo questo terribile attentato, non possiamo permetterci di essere divisi, di scagliarci gli uni contro gli altri.
Ha collaborato Vincenzo Savignano
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