Giunto al quinto giorno, il settimo congresso del Partito dei lavoratori coreani dal 1946 e il secondo in 36 anni ha visto la definitiva incoronazione del giovane leader Kim Jong-un alla massima carica del partito. Con l’elezione per acclamazione alla presidenza, quello che era finora un «segretario aggiunto» ha superato di grado il defunto padre Kim Jong-il, segretario generale «eterno» di una istituzione simbolica, supporto all’unica dinastia comunista della storia. Quella che era stata vista come un’apertura di Kim con la dichiarazione che «il Paese non utilizzerà l’arma atomica se non sarà minacciato », è stata seguita dalle minacce di lunedì e la sfida alle sanzioni Onu. Al punto che anche l’alleato cinese, per la prima volta dopo l’esperimento nucleare sotterraneo di gennaio fautore delle sanzioni verso Pyongyang, ha indicato che non vi è di fatto un cambio di atteggiamento. Sempre ieri, espulso l’inviato della
Bbc, Rupert Wingfield-Hayes, fermato venerdì per un servizio non gradito al regime e interrogato per otto ore. (