Soccorritori tra le macerie dopo un bombardamento dei russi su Kherson - Ansa
«Vi sbagliate. L’inferno non sono solo i missili e il bum bum ogni ora. L’inferno è quando loro smettono di sparare. Fuori si fa silenzio. E vengono a prenderti». Se avesse potuto, Irina si sarebbe appesa a un albero del frutteto che coltivava con il marito, andato in guerra sperando di respingere l’assalto su Kherson. Ma ha dei figli piccoli. E non poteva farla finita così. L’ha salvata l’inondazione provocata dalla distruzione della diga di Kakovka a luglio. I russi spostavano le posizioni per sfuggire alla marea di fango. Lei come migliaia di altri ha approfittato del caos per guadare la palude fino a quando dei volontari l’hanno raccolta e portata sulla riva controllata da Kiev. I medici della Commissione internazionale Onu hanno confermato tutto.
«Nella regione di Kherson, i soldati russi - hanno scritto i ricercatori incaricati dalle Nazioni Unite - stuprano e commettono violenze sessuali su donne di età compresa tra i 19 e gli 83 anni». Niente di nuovo. Già alcuni mesi fa la Commissione internazionale indipendente sui crimini di guerra aveva parlato di abusi commessi in modo sistematico e organizzato nei primi mesi di occupazione «su una fascia di età dai 4 agli 82 anni». E mentre una nuova serie di raid si è abbattuta sulla città, distruggendo anche un ristorante, i racconti che arrivano dagli “scappati” sono difficili da ascoltare, e più difficili da credere. Ma le perizie e gli investigatori internazionali, compresi quelli della Corte penale internazionale che a Kiev ha aperto la sede più grande dopo quella dell’Aja, confermano anche i dettagli peggiori. Storie dall’oltrefiume da non scrivere al passato. «Ci sono prove continue che le forze armate russe stanno commettendo crimini di guerra», insistono gli esperti.
A Kherson i dottori dicono che certe ragazze sono talmente malconce da non sapere se potranno mai avere figli. Di altre rimaste prigioniere dove si sono accampati i battaglioni di Mosca, si sa che sono rimaste incinte. La soldataglia non cerca donne per i capricci dopo il turno sulla prima linea. Fa parte del piano. Spesso i membri della famiglia venivano tenuti in una stanza adiacente e quindi costretti ad ascoltare le violazioni in corso», si legge nel report. Irina sa che è così e non trova le parole per spiegare ai bambini quello che è successo, mentre del loro padre non si ha notizia e chissà se tornerà mai dal fronte. Non sa dire quante altre donne abbiano subito la stessa sorte, anche perché non di rado i soldati venivano mandati nella case più isolate, dove nessuna folla si sarebbe mai levata per protestare. Alle volte violentano le donne della famiglia per far parlare i padri, i fratelli, i nonni, a loro volta umiliati e torturati con i morsetti dell’elettricità davanti alle donne abusate, costringendo uomini e bambini a guardare. «Ogni volta che rispondevo che non sapevo o non ricordavo qualcosa – ha raccontato uno dei superstiti con addosso tutti i segni delle sevizie –, mi davano delle scosse elettriche. Non so quanto durasse. Sembrava un'eternità». Gli investigatori ucraini per i crimini di guerra, che lavorano fianco a fianco con gli inquirenti della giustizia internazionale, nella regione di Kherson occupata hanno documentato «numerosi casi di stupro nei confronti di madri, mogli e sorelle di soldati ucraini».
I dettagli sono contenuti nei fascicoli che hanno permesso di sovrapporre le testimonianze per ricostruire la dinamica e tentare di individuare i responsabili.
Ad oggi sono stati riconosciuti e denunciati una ventina di soldati russi, in un caso anche per avere torturato il marito di una ragazza durante le violenze di gruppo. Al Cremlino ne sono consapevoli. Ripetutamente sono state consegnate dalle Nazioni Unite ai rappresentanti di Mosca le note con le denunce e la richiesta di ordinare lo stop delle violenze. Ma da marzo del 2022, quando vennero scoperti i primi casi a Bucha e poi nei mesi successivi in altre decine di località poi liberate, e fino ai giorni recenti, i ricercatori indipendenti dell’Onu e di altre organizzazioni umanitarie, continuano a raccogliere prove di crimini che vengono perpetuati. Difficile, dopo venti mesi di conflitto, parlare di aggressioni episodiche e non sistematiche, tanto che per la prima volta la Commissione della Nazioni Unite arriva a dichiararsi preoccupata per le accuse di genocidio in Ucraina. Ad esempio, alcune delle retoriche trasmesse dai media statali russi e da altri mezzi di comunicazione - viene denunciato - potrebbero costituire un incitamento al genocidio». Olena, che sognava di raggiungere Milano per fare la modella, non vuol parlare di quello che succedeva prima che anche lei scappasse dal lato occupato.
«Io sono giovane - dice -, ma perché prendono anche le donne anziane?». Non si tratta di piccoli numeri. La Commissione indipendente ha ribadito «la sua profonda preoccupazione per la portata e la gravità delle violazioni commesse dalle forze armate russe», ma chiede a Kiev di dare l’esempio, differenziandosi da Mosca. Perciò ricorda la necessità che le autorità ucraine indaghino rapidamente e approfonditamente sui pochi casi di violazioni da parte delle proprie forze».
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