Padre Lancellotti assise i senza dimora di San Paolo - Ansa
Due figure di spicco – entrambi cattoliche e legate all’Italia, da anni impegnate nelle lotte per la giustizia sociale e la dignità dei più vulnerabili – sono state premiate a Recife in Brasile, nel corso di un congresso internazionale sui diritti umani promosso dall’Unesco. Si tratta di padre Júlio Lancellotti, 72 anni, che da tempo si occupa della “gente di strada” a San Paolo, e di Luis Tenderini, 78 anni, sindacalista e poi operatore sociale, già stretto collaboratore di monsignor Hélder Câmara, l’indimenticato arcivescovo proprio di Recife. Con loro, un riconoscimento alla memoria è stato attribuito a Marielle Franco, sociologa e attivista, in difesa soprattutto delle donne e dei neri nelle favelas di Rio de Janeiro, poi protagonista nella politica cittadina, uccisa nel 2018 all’età di 38 anni. Se la metropoli carioca, regina del Carnevale, presenta al suo interno sacche di miseria e violenza, anche in San Paolo, capitale economica del Paese, non mancano ampie fasce di popolazione costantemente alle prese con abusi ed emarginazione.
È in particolare del “popolo della strada” lì residente che, da lunghi anni, si sta facendo carico padre Júlio Lancellotti, nato in Brasile ma di origini italiane. Ordinato prete nel 1985, Lancellotti si è dedicato anima e corpo in difesa dei più bisognosi, dai bambini di strada ai senza tetto, dalle baby-prostitute ai minori abbandonati o in riformatorio. Nel 1991 il “profeta della strada” (così disse di lui il cardinale Arns) ha fondato “Casa Vida” con l’obiettivo di accogliere bambini portatori del virus Hiv in un momento nel quale essere affetti da Aids equivaleva ad essere emarginati dalla società. Attualmente ricopre l’incarico di vicario episcopale per la Pastorale del popolo di strada dell’arcidiocesi di San Paolo.
A testimonianza della notorietà del sacerdote basti ricordare che lo scorso 10 ottobre papa Francesco lo ha chiamato al telefono, per esprimere la sua vicinanza alla popolazione brasiliana più fragile e senza fissa dimora, in un momento particolarmente difficile come questo della pandemia. Il giorno dopo, all’Angelus, Bergoglio ha definito padre Júlio «uno che ha bruciato la sua vita con i poveri».
Infine, l’Unesco ha tributato un meritato riconoscimento a Luís Tenderini, laico italiano, originario di Premana (provincia di Lecco), in Brasile da quand’era seminarista di teologia nelle file dei gesuiti. Sposato con una brasiliana, padre di tre figlie e di due bambini adottati (ora adulti), Tenderini si è molto impegnato sia nel sindacato, stringendo stretti rapporti anche con l’entourage del futuro presidente Lula, sia nella pastorale sociale: dal 1989 al 1995 è stato, di fatto, il braccio destro del famoso vescovo Hélder Câmara di Recife, tra i protagonisti del Vaticano II.
Tenderini ha pagato di persona la sua opzione fondamentale per i poveri: nel 1989 è stato rapito dagli squadroni della morte e torturato, poi liberato perché, come gli dissero i rapitori: «Non vogliamo fare di te un martire». Nel 1996 ha fondato la sezione brasiliana del movimento di Emmaus (iniziato nel ’54 dall’Abbé Pierre in Francia) e ne è successivamente diventato il referente per l’intero Continente latinoamericano. Di recente a Recife gli è stata intitolata una scuola professionale per i giovani “trapeiros” (straccivendoli) di Emmaus.