Ansa
Il conflitto tra Israele e Hamas sembra entrato in una nuova fase con l'offensiva lanciata nella notte dalle forze aeree e terrestri dello Stato contro l'enclave palestinese. Non un'invasione, come ha precisato l'esercito dopo "un errore di comunicazione" sull'ingresso di truppe nella Striscia di Gaza, ma intensi bombardamenti dell'artiglieria e dei caccia a cui il movimento islamico ha risposto con il lancio di oltre 50 razzi verso le città costiere di Ashdod e Ashkelon e vicino all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.
Nella notte tra giovedì e venerdì circa 160 aerei dell'Esercito israeliano hanno colpito oltre 150 "obiettivi sotterranei" nel nord della Striscia di Gaza
. Lo riferisce un comunicato delle Forze armate d'Israele citato dal
Guardian
.
Parallelamente ai raid aerei forze di terra, artiglieria e truppe corazzate si sono schierate lungo il confine e hanno sparato centinaia di proiettili di artiglieria e carri armati. L'obiettivo degli attacchi, si legge ancora nel comunicato, era la rete dei tunnel sotterranei di Hamas, della quale "sono stati distrutti molti chilometri".
Il bilancio delle vittime di Gaza sale a 115 e 600 feriti denunciati. Lo riferisce il ministero della Salute citato dal quotidiano israeliano Haaretz. Delle 115 vittime, 27 sono minori e 11 le donne.
Per ora le truppe di terra israeliane non sono entrate nella Striscia di Gaza. "Ho detto che avremmo fatto pagare un prezzo molto alto ad Hamas, lo facciamo e continueremo a farlo con grande intensità", ha assicurato il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, "l'ultima parola non è stata detta e questa operazione proseguirà per tutto il tempo necessario".
Ad aggravare il quadro c'è stato anche il lancio dal Libano di razzi diretti verso Israele ma finiti in mare.
Famiglie palestinesi in fuga dalle loro abitazioni - Reuters
La diplomazia, intanto, stenta a far sentire la sua voce. Per domenica pomeriggio è stata convocata una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu in videoconferenza che si sarebbe dovuta tenere venerdì, come richiesto da Tunisia,
Norvegia e Cina. Erano stati gli Stati Uniti a opporsi a questa data chiedendo uno slittamento alla prossima settimana "per dare tempo alla diplomazia".
Washington appare in una posizione di imbarazzo, stretta fra l'appoggio all'alleato israeliano e la necessità di mantenere una posizione equilibrata per evitare l'isolamento. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha espresso "profonda preoccupazione per la violenza nelle strade di Israele". "Riteniamo che israeliani e palestinesi abbiano diritto in eguale misura a libertà, sicurezza, dignità e prosperità", ha aggiunto il capo della diplomazia Usa.
Ma è dramma anche per la popolazione palestinese che vive nella Strisca di Gaza.
Tra gli altri a lanciare un appello per il cessate il fuoco anche Oxfam, al lavoro nella Striscia di Gaza per soccorrere una popolazione stremata, che ancora una volta si trova ad affrontare l’incubo della guerra. “Gli oltre 2 milioni di palestinesi che vivono confinati nella Striscia hanno sopportato il peso di tre conflitti negli ultimi 10 anni – racconta Laila Barhoum, policy advisor di Oxfam a Gaza - Siamo stanchi e abbiamo paura. Giorno dopo giorno guardiamo le bombe cadere sulle case dove vivono e lavorano i nostri amici, familiari, colleghi, chiedendoci se saremo i prossimi. Attendendo invano una condanna della comunità internazionale su quello che sta accadendo. Quando alla fine di questa nuova escalation verrà dichiarato un cessate il fuoco, usciremo per strada e inizieremo a ricostruire dalle macerie, con la sola prospettiva di aspettare una nuova ondata di bombardamenti che distruggerà di nuovo, quanto abbiamo appena ricostruito”.
Oxfam chiede perciò alle parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario e i principi di distinzione, precauzione e proporzionalità nell'uso della forza. "Chiediamo - legge in una nota -alla comunità internazionale di agire per un immediato cessate il fuoco e risolvere le cause alla radice della nuova ondata di violenza e della perdurante violazione dei diritti umani, causata dalle politiche di sistematica oppressione e discriminazione attuate da Israele, compresa l’occupazione". E si ricorda che già prima dello scoppio dei nuovi scontri la popolazione di Gaza era in ginocchio a causa della pandemia e di ben 14 anni di blocco israeliano.
Le bombe colpiscono anche i cristiani di Gaza
Le incursioni dell'aviazione israeliane sulla Striscia di Gaza hanno colpito anche abitazioni di famiglie cristiane collocate nei pressi della parrocchia cattolica della Sacra Famiglia, provocando danni anche
al convento e all'asilo delle Suore del Rosario. Lo dice a Fides il vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario del Patriarcato Latino di Gerusalemme per la Palestina e la Città Santa. «Le incursioni israeliane fanno seguito ai razzi lanciati da Hamas sul territorio d'Israele, ma stando a quello che vediamo risultano del tutto infondate le considerazioni di chi, negli Usa, ha definito "proporzionata" la reazione militare dello Stato ebraico. Bombardano da lontano. Una bomba è caduta vicino al convento delle suore. Tra le più di cento vittime ci sono donne e bambini. Ancora una volta, le famose 'bombe intelligenti" fanno male a tutti, senza saper distinguere tra obiettivi militari e popolazione civile», commenta monsignor Marcuzzo.
Davanti alle violenze che tornano a dilaniare il cuore di Gerusalemme e la Terra Santa «noi, come Chiese locali, cerchiamo di fare sempre opera di pace», conclude il vescovo Marcuzzo.