La tomba vandalizzata
La tomba di Mahsa Amini , ventiduenne curda iraniana morta a settembre mentre era detenuta per non aver indossato correttamente il velo, è stata vandalizza la scorsa domenica. Lo riferiscono l'avvocato della famiglia Saleh Nirbakht e gli attivisti della rete per i diritti umani del Kurdistan (Khrn). Il fratello Ashkan Amini, ha postato su Instagram la foto della tomba rovinata per la seconda volta questo mese. «Anche il vetro della tua lapide li infastidisce», ha scritto sul social per poi aggiungere: «Non importa quante volte lo rompono, lo aggiusteremo. Vediamo chi si stanca per primo». La giovane donna è sepolta nella città natale curda di Saqez, dove, denunciano gli attivisti, le autorità fanno di tutto per impedire qualsiasi forma di aggregazione o manifestazione in suo onore. L’avvocato ha raccontato che perfino il saldatore della teca è stato minacciato perché non finisse i lavori, denunciando in un messaggio audio che la tomba è stata colpita da individui «noti in passato per azioni così sgradevoli».
Il 13 settembre Mahsa Amini, in vacanza con la famiglia a Teheran, era stata fermata dalla polizia morale perché accusata di indossare l’hijab, il velo islamico, nel modo sbagliato: infatti erano visibili i capelli. La ragazza era stata portata nel carcere di Vozara per una “lezione sui buoni costumi” ed è in seguito morta in circostanze sospette il 16 settembre, dopo tre giorni di coma. Il fratello, presente al momento dell’arresto, ha raccontato di aver sentito delle grida uscire dalla caserma prima che l’ambulanza arrivasse sul posto. La famiglia e le organizzazioni per diritti umani iraniane hanno accusato gli agenti di aver picchiato la ragazza procurandole un trauma cranico letale. Secondo la polizia la giovane è stata colpita da una crisi cardiaca.
Mahsa Amini aveva 22 anni quando è stata assassinata in carcere - Ansa
Il 9 gennaio di quest’anno papa Francesco ha condannato le violenze dicendo: «Il diritto alla vita è minacciato laddove si continua a praticare la pena di morte, come sta accadendo in questi giorni in Iran, in seguito alle recenti manifestazioni, che chiedono maggiore rispetto per la dignità delle donne. La pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta. Faccio, perciò, appello perché la pena di morte, che è sempre inammissibile poiché attenta all'inviolabilità e alla dignità della persona, sia abolita nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo».