Un deposito di grano alle porte di Kiev: l'accordo per l'esportazione è stato rinnovato per altri due mesi - ANSA
Preceduta dalla telefonata tra il presidente Xi Jinping e il “collega” Zelensky a fine aprile, la missione «di pace» cinese entra - finalmente - nel vivo. Li Hui, rappresentante speciale per gli affari eurasiatici ed ex ambasciatore cinese a Mosca, è sbarcato in Ucraina con un mandato: spingere per una «soluzione politica» al conflitto che sta insanguinando l’Ucraina da oltre un anno. Dopo Kiev, il tour diplomatico cinese toccherà anche la Polonia, la Francia, la Germania e la Russia. Kiev, ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba dopo aver incontrato l’inviato cinese, considera «importante la partecipazione di Pechino», ma ribadisce il no a qualsiasi proposta che non rispetti «l’integrità territoriale».
A tenere alto il tema della «pace» è, ancora una volta, la diplomazia vaticana. «Non possiamo accettare passivamente che una guerra di aggressione continui. Dobbiamo tenere a mente che il popolo ucraino soffre» e intraprendere «iniziative per creare una pace giusta per l’Ucraina. La Santa Sede continuerà a fare il proprio compito», ha detto il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, prendendo la parola al summit del Consiglio d'Europa di Reykjavik. «Purtroppo la guerra in Ucraina ci dimostra - ha detto ancora Parolin - che la ricerca appassionata di una politica di comunità e il rafforzamento delle politiche multilaterali sembrano ormai memorie del passato, sembra di assistere al triste tramonto del sogno di pace».
Un altro - insperato - spiraglio per il dialogo arriva dalle parole dell'alto funzionario dell'intelligence ucraina Kirill Budanov che ha proposto di creare una zona demilitarizzata lunga 100 chilometri tra Ucraina e Russia. «La questione della fine della guerra comporta la creazione di una zona smilitarizzata; questo è il nostro obiettivo», ha detto il capo della direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino. Per Budanov «questa sarebbe una zona che non potrebbe essere attaccata con i soliti mezzi». «Dal mio punto di vista, questa sarebbe assolutamente la giusta distanza», ha sottolineato l’alto funzionario dell’intelligence.
Dossier grano. Il rinnovo è arrivato, ancora una volta, in extremis. Ma è arrivato. Mosca ha accettato - come confermato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan - di estendere per altri due mesi l’accordo sul grano, in scadenza oggi. «Mi auguro che questa decisione, che è di vitale importanza per il funzionamento continuo delle filiere alimentari globali e soprattutto per facilitare l’accesso ai cereali dei Paesi bisognosi, sia vantaggiosa per tutte le parti», ha commentato Erdogan. Da parte sua, Mosca ha chiarito che «gli squilibri nell’attuazione dell’accordo vanno corretti il più rapidamente possibile».
Il Consiglio d’Europa, intanto, ha istituito il «registro dei danni» causati dall’aggressione della Russia all’Ucraina. «Il sostegno e la solidarietà con l’Ucraina sono tra le principali priorità della presidenza islandese e abbiamo lavorato duramente per garantire che il vertice di Reykjavík risponda alla necessità di responsabilità globale», ha detto Katrín Jakobsdóttir, primo ministro dell’Islanda. Il registro, sponsorizzato da 46 Paesi, «è un primo passo verso l’accertamento delle responsabilità per i crimini commessi durante la brutale guerra della Russia ed è un forte messaggio di sostegno all’Ucraina». L’Unione Europea, rappresentata dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, contribuisce largamente a finanziare i costi di avviamento. Il registro avrà sede all’Aja, in Olanda, con un ufficio satellite in Ucraina; la durata inizialmente prevista è di tre anni. Servirà per registrare prove e informazioni relative alle richieste di risarcimento danni, perdite o lesioni derivanti dall’aggressione della Russia contro l’Ucraina.
Sul fronte delle forniture di armi, dopo l’annuncio della «coalizione dei cieli» sponsorizzata da Gran Bretagna e Paesi Bassi - arriva una (parziale) frenata. Il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace ha ributtato la palla nel campo americano. «Qualsiasi decisione di fornire o meno i caccia F-16 all'Ucraina spetta alla Casa Bianca». E il ministro degli Esteri olandese, Wopke Hoekstra ha fatto sapere che «non c'è stato alcun progresso nei colloqui sul possibile invio di caccia F-16». L'Ucraina ha, infine, smentito che un missile ipersonico russo abbia distrutto il sistema di difesa missilistica Patriot a Kiev, durante l'attacco aereo di due giorni fa: il portavoce dell'aeronautica, Yurii Ihnat ha detto che il sistema Patriot non può essere distrutto in un singolo attacco.