"La depressione mi ha strappato la felicità, gli anti depressivi hanno rubato il mio dolore. Ora voglio che entrambi tornino nella mia vita”. Chi parla è Du Huasong. Du ha combattuto (e sconfitto) la depressione. Una battaglia doppia. Contro la malattia. E contro lo stigma sociale che, nel gigante asiatico, la avvolge. Un interdetto che paradossalmente ne ha favorito la diffusione e che pone di fronte al Paese una drammatica emergenza sociale: sono cento milioni le persone che soffrono di disturbi riconducibili alla depressione. I numeri, allarmanti - e sottostimati ? - arrivano da una fonte ufficiale e tratteggiano una situazione inquietante e magmatica. Secondo il China Daily, almeno 250 milioni di persone necessitano di cure o assistenza psicologica in Cina, 80 milioni ne hanno urgenza. Ma non basta: il 72,3% delle persone che soffrono di disturbi psicologici non ne hanno consapevolezza e tendono quindi a sfuggire alle statistiche. I costi, economici oltre che sociali, sono altissimi: 7,8 miliardi di dollari ogni anno.
Un’emergenza sociale
A creare l’emergenza sociale, secondo Asia Sentinel, è un mix di fattori ambientali, divari culturali e ritardi strutturali. Una vera e propria barriera fatta di conoscenze inadeguate, di incapacità delle famiglie – peraltro minate da cambiamenti epocali che rendono sempre più pulviscolari i nuclei familiari cinesi – di assistere chi ne è colpito, ma anche di scarsità di risorse che vengono messe in campo per fronteggiare quella che , secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sarà la seconda causa principale della disabilità al mondo entro il 2020. Nel 2014 c'erano circa 23.000 psichiatri in Cina, 1.7 per ogni 100.000 persone, una media molto inferiori agli 11 o 12 medici per ogni 100.000 “schierati” in Russia e negli Stati Uniti. La conclusione di Asia Sentinel? Sono pochi, in Cina, pazienti che ricevono le cure necessarie, soprattutto negli angoli remoti e rurali del Paese. Altro dato: le malattie mentali rappresentano circa il 20% del totale, ma la spesa destinata a curare questo tipo di patologia equivale a solo il 2,5% dell’intera spesa sanitaria pubblica.
Fine di un tabù?
La storia della depressione in Cina ha anche uno spessore politico. Come scrive l’Economist, un vero e proprio velo di si è steso, negli anni, sulla malattia. “Il sistema psichiatrico è stato largamente smantellato dai comunisti dopo la conquista del potere nel 1949. Con Mao, chi mostrava i sintomi della depressione rischiava di essere considerato un traditore della causa socialista”. Il cambiamento c’è, ed è stato potente. Le visite ambulatoriali sono aumentate di oltre il 10% ogni anno tra il 2007 e il 2012. L'uso di antidepressivi è in rapida crescita. I giovani istruiti utilizzano sempre più Internet per chiedere aiuto privatamente. Resta molto da fare.
Per Ma Yongchun, vice direttore dell'ospedale Tongde della provincia di Zhejiang “mentre la situazione economica in Cina è migliorata e di molto, e mentre la società cambia drammaticamente, lo stato del benessere psicologico dei cinesi non ha seguito la stessa traiettoria. La gente è costretta a fronteggiare conflitti drammatici, e non tutti riescono a mettere in atto delle strategia adattive”.