«Spesso quando vado nelle comunità, i fratelli indigeni mi dicono: “Padre, chissà se ci rivedremo, non sappiamo se arriveremo a domani”. Le recenti politiche spaventano gli indios. Gli incendi sono il climax di una serie di pratiche criminali». Dom Roque Paloschi, vescovo di Porto Velho, in Rondônia, è sul fronte del fuoco che da due settime devasta l’Amazzonia. «E le sue genti. La foresta non è uno spazio vuoto. È casa di quasi un milione di indigeni brasiliani», sottolinea il presidente del Consiglio indigenista missionario (Cimi) della Conferenza episcopale brasiliana.
«Gli incendi, non sono, purtroppo, una pratica nuova. Sono la base del “grilhagem”, l’accaparramento di terre. I “grilheiros”, al soldo dei grandi proprietari, utilizzano il fuoco per cacciare i residenti. Una volta “svuotata” la terra, fabbricano documenti falsi perché i latifondisti possano occuparla. Stavolta, però, la questione è diventata emergenza per due ragioni». In primo luogo, secondo il vescovo di Porto Velho, l’amministrazione ha tagliato i fondi agli organismi incaricati di proteggere l’Amazzonia.
«C’è, poi, un fatto ancora più grave: gli accaparratori di terra si sentono spalleggiati dalle dichiarazioni irresponsabili del governo sottolinea il vescovo di Porto Velho –. Ciò ha fatto aumentare esponenzialmente le invasioni: qui in Rondônia, la terra indigena Karipuna, già legalmente restituita agli indios, ne ha subite 9 da gennaio. Di fronte al dramma, la Chiesa, come hanno detto i vescovi brasiliani, ha il dovere di alzare la voce in difesa dell’Amazzonia, cuore della nostra casa comune».