La preghiera al Parco del memoriale della pace di Hiroshima - Ansa
Settantasei anni dopo la peggior catastrofe atomica della storia, è tempo di bandire le armi nucleari. Il vibrante appello al mondo arriva da Hiroshima, la città sopravvissuta. Superstiti sono gli hibaku jumoku, i 172 alberi, di 32 specie differenti, che hanno resistito al fuoco della bomba. E superstiti sono i 120mila hibakusha, donne e uomini, marchiati nelle carni e nello spirito dalle radiazioni e ancora vivi. I loro rappresentanti insieme a quelli di 86 nazioni, per un totale di 880 persone, si sono ritrovati nel Parco del memoriale della pace per l’anniversario. Il gruppo è stato ridotto per il secondo anno consecutivo a causa del Covid. Nonostante le difficoltà organizzative e l’attenzione del Giappone catalizzata sulle Olimpiadi di Tokyo, però, Hiroshima non ha rinunciato a fare memoria. Alle 8.15 in punto, ora in cui, il 6 agosto 1945, l’ordigno Little Boy colpì la città uccidendo in una manciata di secondi oltre 70mila residenti e la stessa cifra poco dopo, il suono di una campana ha inaugurato il minuto di silenzio. Poi, i nomi delle vittime sono risuonati nel Memoriale. Al termine, il sindaco Kazumi Matsui s’è fatto portavoce del grido di pace di tutti i sopravvissuti: «Le armi nucleari sono la più feroce espressione della violenza. Fabbricate per vincere le guerre, sono, invece, una minaccia di annientamento totale della vita a cui possiamo mettere fine se tutte le nazioni lavoreranno insieme», ha detto. Da qui, la richiesta all’esecutivo nazionale e ai leader internazionali la «ratifica immediata» del trattato Onu che mette al bando l’atomica.
Approvata dall’Assemblea generale il 7 luglio 2019, l’intesa è entrata in vigore lo scorso 22 gennaio, dopo la ratifica di cinquanta Stati. Nel frattempo, sono diventati 55. Primo firmatario è stata la Santa Sede. Proprio a Hiroshima, il 24 novembre 2017 del resto, papa Francesco aveva alzato la sua voce per condannare l’immoralità dell’atomica. «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune». Il Giappone, unico Paese ad avere subito un bombardamento nucleare, lo ha sperimentato sulla propria pelle. Eppure non è fra i sottoscrittori del divieto, come il club atomico e i suoi alleati, Italia inclusa. Il premier, Yoshihide Suga, presente alla cerimonia, si è limitato a sottolineare la necessità di «perseverare con iniziative realistiche» verso il disarmo nucleare. Come ha rivelato la televisione pubblica Nhk, anzi, il primo ministro ha saltato la pagina del discorso in cui avrebbe dovuto parlare della missione giapponese, per costruire un mondo privo di tali ordigni. L’omissione ha creato forte polemica tanto da costringere Suga a scusarsi, poco dopo, durante una conferenza stampa. «Chiedo perdono per aver saltato alcune parti dell’intervento», ha sottolineato, senza, tuttavia, prefigurare una svolta di Tokyo rispetto al trattato.
Nonostante il divieto Onu, tuttora, in base ai dati dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo (Iriad), oltre 13mila testate sono sparse negli arsenali mondiali: 4mila sono operative. Anche l’Italia, nelle basi di Aviano e Ghedi, ne ospita una ventina. Da qui il nuovo appello dell’Iriad al governo di Roma affinché ratifichi il bando. Nel Paese – come nel resto del mondo –, il movimento per il disarmo cresce all’interno della società civile. Tra le numerose iniziative di sensibilizzazine, l’appello di 42 realtà cattoliche al governo e al Parlamento italiani affinché aderiscano al trattato.