Ennesima esplosione di violenza nell'isola dimenticata dalla comunità internazionale - Reuters
Port-au-prince è zona di guerra. Una guerra dimenticata dalla comunità internazionale e dai media mondiali. E lo è da anni. Questa settimana, però, c’è stato un nuovo picco di violenza. L’intera città è paralizzata da blocchi e barricate dopo la grande fuga degli abitanti di Solino, baraccopoli del centro della capitale, non lontano dal palazzo presidenziale. Edificio dove il premier Ariel Henry – capo di Stato di fatto dopo l’assassinio, nel 2021, del presidente Jovenal Moïse – non si reca da tempo per paura delle bande. Nel caos sono state colpite anche sei religiose della congregazione di Sant’Anna: Suzie Jean Louis, Magella Moussignac, Inomène Charles, Joane Mondesir, Rachelle Lubin, Wilda Nonor sono state rapite mentre viaggiavano su un minibus lungo la centrale via Christophe della capitale. Insieme a loro sono stati catturati anche l’autista, Jean, Sylvestre, e una giovane Francesca Cadesty. La Chiesa locale ha denunciato ancora una volta la piaga «dei troppi sequestri». E ha rivolto un accorato appello perché gli ostaggi siano rilasciati al più presto. Addirittura il vescovo Pierre-André Dumas della diocesi d’Anse-a-Veau er Miragoane si è offerto in cambio dei rapiti: «Prendete me ma lasciateli».
L’ennesima fiammata dell’infinito conflitto haitiano è cominciata lunedì quando una delle bande – Bel-Air – ha attaccato Solino nell’intento di conquistare l’area di Canapé Vert, al momento libera dai rivali. Almeno una ventina di persone sono state massacrate e decine di case sono state date alle fiamme nell’indifferenza delle istituzioni, in pratica implose. Solo giovedì la polizia è arrivata. Nel frattempo gli abitanti erano già fuggiti, alimentando il fiume di 165mila sfollati interni del conflitto delle oltre 200 gang che si contendono Port-au-Prince a colpi di massacri. E' un momento particolarmente delicato per il Paese. Venerdì prossimo i giudici di Nairobi decideranno sul via libera alla missione Onu a guida kenyana. È trascorso oltre un anno dalla richiesta haitiana di aiuto alla comunità internazionale. Petizione sostenuta con forza anche dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Approvata formalmente il 3 ottobre, però, l'azione di stabilizzazione è stata finora sempre rinviata.