Gustavo Zlauvinen, presidente della decima conferenza per il Trattato di non proliferazione nucleare, parla nella sede dell'Onu, Accanto a lui il segretario dellìOnu Guterres - Ansa
Ora niet, se ne riparla nel 2026. Ventisei giorni di incontri, discussioni, negoziati e una conclusione ben oltre i supplementari per cercare una mediazione, non sono stati sufficienti per far sì che la decima Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) si concludesse con un documento condiviso. «Non siamo riusciti a trovare l’unanimità necessaria», ha detto uno sconfortato presidente, l’argentino Gustavo Zlauvinen.
Il “no” russo è stato irrevocabile. I 191 Stati parte dell’intesa Onu del 1968, dunque, dovranno aspettare quattro anni per riprovarci. Troppo tardi per risolvere il “nodo Zaporizhzhia” che ha fatto ripiombare l’Europa nella paura atomica. Proprio sui cinque paragrafi relativi ai combattimenti intorno alla maxi-centrale ucraina, sotto occupazione russa, si è incagliata la trattativa a New York. La bozza bocciata esprimeva una «forte preoccupazione per le attività militari» nei pressi dell’impianto e sottolineava l’importanza di «garantirne il controllo da parte delle autorità competenti ucraine». Espressioni «irricevibili» dietro le quali si nasconderebbero «ragioni spudoratamente politiche», ha ribattuto Mosca, per bocca del proprio rappresentante di fronte alle Nazioni Unite, Vasilij Nebenzya.
La posizione russa ha provocato critiche da parte di varie nazioni. Una certa perplessità è stata manifestata perfino dall’alleato cinese. Il vice-rappresentante all’Onu Geng Shuang aveva esortato la comunità internazionale a prendere «le misure più stringenti per ridurre al minimo il rischio di incidenti».
Un appello caduto nel vuoto per l’intransigenza del Cremlino. È la seconda volta consecutiva che la Conferenza di revisione del Tnp si conclude con un nulla di fatto. Già nel 2015, le tensioni in Medio Oriente, avevano impedito di raggiungere un accordo. Stavolta la pietra d’inciampo è stato il conflitto tra Russia e Ucraina. Eppure mai come in questo momento il mondo avrebbe necessità di adottare meccanismi condivisi per scongiurare la catastrofe atomica, come ha rilevato il movimento nonviolento che ha seguito i lavori.
Un simile risultato «significa abdicare alle proprie responsabilità proprio mentre il mondo è in pericolo», ha dichiarato Beatrice Fihn, direttrice esecutiva dell’International campaign to abolish nuclear weapons (Ican), organizzazione premio Nobel per la Pace proprio per essere riuscita a trasformare in legge il bando all’atomica. «Proprio mentre uno Stato utilizza lo schermo nucleare per portare avanti un’invasione illegale, mentre le potenze atomiche non sono riuscite a fare passi avanti nel disarmo e, anzi, hanno speso 82 miliardi per rinnovare i propri arsenali, mentre il rischio nucleare è più alto che mai, il fallimento della Conferenza non ha scuse», ha aggiunto Fihn.
Allo stop russo si è sommato «il mancato impegno da parte delle potenze atomiche a fare passi avanti per liberare il mondo dalle armi nucleari – ha sottolineato Senzatomica, partner italiano di Ican insieme a Rete nazionale pace e disarmo –. La dimostrazione, dunque, che la deterrenza non funziona più». Come ha scritto papa Francesco su Twitter in occasione dell’apertura dei lavori a New York, cercare di assicurare la pace con «un equilibrio del terrore conduce inevitabilmente a rapporti avvelenati tra i popoli».