Il governo americano ha trovato il modo di sbloccare l'iPhone utilizzato da Syed Rizwan Farook, l'attentatore di San Bernardino, e non ha quindi più
bisogno della Apple per accedervi. Di conseguenza il
dipartimento della Giustizia ha deciso di ritirare la causa
legale che aveva intentato per indurre la società di Cupertino a
collaborare, anche in nome della sicurezza nazionale.
La vicenda però secondo gli esperti potrebbe risolversi in un boomerang contro la Apple, che aveva sempre dichiarato l'inviolabilità dei suoi smartphone. Dichiarazione smentita dai fatti. A dimostrazione che spararla (troppo) grossa non paga.
La disputa però potrebbe non essere finita qui, perché la
Apple aveva messo ben in chiaro che, se i federali fossero
riusciti ad "aprire" il dispositivo, ebbene loro alla Apple
avrebbero chiesto di conoscere il metodo utilizzato.
Il braccio di ferro dura da settimane e vede le due parti
contrapposte ognuna nel tentativo di far valere le proprie
priorità: il governo degli Stati Uniti ritenendo che le
informazioni contenute nel telefonino siano indispensabili per
l'inchiesta sull'attacco di San Bernardino, da più parti
considerato il primo attacco ispirato dall'Isis sul suolo
americano.
Dall'altra la Apple è determinata a non acconsentire a quella
che può trasformarsi in una 'intrusione' da cui non si torna
indietro, cedendo così sui principi di privacy e di difesa
degli utenti che è cavallo di battaglia della società di Tim
Cook. Una guerra di principi in sostanza, da cui però - almeno
in questa battaglia - il governo federale sembra uscire
vincitore. Anche perchè il sistema del colosso di Cupertino non
sembra così inviolabile nonostante quello quanto sostengono i
dirigenti della Apple.
"Il governo è riuscito ad accedere con successo ai dati
contenuti dell'iPhone di Farook per questo non ha più bisogno
dell'assistenza di Apple", ha comunicato il dipartimento di
Giustizia.
"Dal punto di vista legale non è detto che la battaglia sia
finita", spiega al New York Times Esha Bhandari, avvocato della
American Civil Liberties Union (Aclu), sottolineando che il
governo potrebbe rifiutare di condividere le scoperte con la
Apple, decidendo che l'informazione è 'top secret'.
"Questa vicenda potrebbe essere un
boomerang mediatico per Apple. Non si può sostenere che i propri
dispositivi sono più sicuri di altri se poi vengono violati in
pochi giorni. La lezione che si può trarre da questa storia è
che non esiste niente di invulnerabile e che la sicurezza dei
dati dipende esclusivamente dagli utenti". È questo il parere
sul braccio di ferro tra Apple e Fbi sullo sblocco dell'iPhone
del killer di San Bernardino, di Andrea Zapparoli Manzoni
esperto di sicurezza informatica e membro del Clusit, l'
associazione italiana per la sicurezza informatica.
"C'è un altro aspetto interessante in questa vicenda - spiega
Zapparoli Manzoni -: lo sblocco dell'iPhone molto probabilmente
è avvenuto ad opera di Cellebrite, l'azienda israeliana di cui
si è parlato nei giorni scorsi, che rispetto ad Apple è una
pulce. Cupertino è l'azienda con la più alta capitalizzazione al
mondo ma è stata 'beffata' da una piccola società che molto
probabilmente ha attinto ad un mercato sotterraneo,
'borderline', in cui si comprano soluzioni ad alcune
vulnerabilità informatiche sia a scopo difensivo, come in questo
caso, che offensivo".
"Questo dovrebbe essere un monito per tutti, singoli utenti e
capi di governo, a non usare i dispositivi tecnologici con
leggerezza - osserva l'esperto -. Ci fa capire ancora di più che
abbiamo in mano oggetti potenti con debolezze sfruttabili, che a
volte finiscono nel mirino di organizzazioni private".
"Da una parte non è giusto comprimere le libertà di tutti con
le 'backdoor' di governo - spiega poi l'esperto - ma una chance
agli investigatori va data. In un luogo digitale le forze
dell'ordine ci devono poter entrare".
"Apple ha assunto una linea indifendibile per ragioni di
marketing. Avrebbe dovuto collaborare e assumere un profilo più
basso visto che si tratta di una indagine per terrorismo, anche
più rassicurante per gli utenti. Un conto è la stessa Apple che
offre una soluzione al governo americano, un altro è vedere un
soggetto terzo sbloccare in pochi giorni un iPhone. Dimostra
che non c'è niente di sicuro, che la sicurezza dei dati dipende
da noi e non da Apple. Qualche contraccolpo nelle vendite di
sicuro lo avranno", conclude Andrea Zapparoli Manzoni.