giovedì 29 luglio 2021
La campagna è iniziata presto, e con il pieno di dosi. Ma ad oggi solo il 10% della popolazione ne ha ricevuta una. Cos'è andato storto? la diffusione di fake news. E gli imam corrono ai ripari
L'Algeria è nel pieno della terza ondata ma la popolazione è riluttante a farsi vaccinare

L'Algeria è nel pieno della terza ondata ma la popolazione è riluttante a farsi vaccinare - Ansa

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Il 10 percento della popolazione algerina (circa 44 milioni e mezzo di abitanti, ndr) è stato vaccinato contro il Covid-19. Eppure, fra i Paesi africani, l’Algeria è stato uno dei primi a lanciare la campagna vaccinale, a fine gennaio. Dapprima iniziando a inoculare il russo Sputnik e l’anglo-svedese Astra-Zeneca, poi non disdegnando migliaia di dosi di Sinopharm. E allora, che cosa è andato storto?
È vero che Europa e America Settentrionale si sono aggiudicate il grosso della produzione vaccinale, costringendo il Nord Africa a mettersi in coda. E poi, certo, la rete distributiva algerina ha mostrato tutta la sua fragilità. Ma la riluttanza a farsi vaccinare ha giocato anch’essa un ruolo chiave: fake news a dir poco bizzarre spopolano, post dopo post. La “bufala” più fantascientifica attribuisce ai sieri la capacità di “magnetizzare” la pelle: lo sprovveduto che si fa vaccinare sarebbe condannato ad attirare a sé coltelli, forbici, arnesi di metallo per il resto dei suoi giorni. Alcuni vaccinati si sarebbero addirittura “incollati” ai muri, non riuscendo più a staccarsi. Per correre ai ripari contrastando il delirante passa parola, le autorità algerine hanno chiesto aiuto agli imam, che dall’alto dei loro minbar (il pulpito, in moschea) stanno esortando i fedeli a recarsi presso i centri vaccinali, garantendo essi stessi di averlo già fatto e soprattutto di non aver avuto nessun “effetto calamita” dopo le iniezioni. Nel frattempo, l’Algeria affronta il picco virale più acuto dall’inizio della pandemia: gli ospedali – riferisce il sito informativo algerie360 – sono alla saturazione, con i posti in terapia intensiva, in rianimazione e pure i letti ordinari al completo. Il neo-premier Aymen Benabderrahmane, superato lui stesso il coronavirus proprio all’inizio del suo mandato a metà luglio, è riapparso in Tv – provato, ma battagliero – mettendo in guardia da quella che si sta configurando come la terza e peggiore ondata virale da marzo 2020 a oggi. Anche il presidente Abdelmajid Tebboune, rientrato dalla Germania dopo mesi di cure per gli strascichi del virus, si sta spendendo in prima persona per promuovere l’immunizzazione. Ad oggi, hanno contratto il virus 161mila persone da inizio pandemia. Le vittime hanno superato quota 4mila. Quali siano, però, le cifre reali è difficile dirlo: la conta, soprattutto al di fuori dei centri urbani, lascia il tempo che trova. In presenza di una popolazione in media molto giovane (Secondo l’Office national des Statistiques, l’età media a fine 2020 era di 29 anni) e che non rispetta le indicazioni su distanziamento e mascherina, il virus potrebbe essere più diffuso delle proiezioni. Ma meno letale.
Il danno economico provocato dal virus in Algeria è immenso: miliardi di dollari sono andati in fumo sotto forma di gas naturale e petrolio invenduti durante lo stop di fabbriche e industrie europee. Al palo anche gli investimenti diretti stranieri e le riserve di valuta estera. Il nuovo esecutivo lavora per modernizzare il paradigma economico algerino, ma, nell’immediato, le grane da affrontare si accumulano: un sistema idrico obsoleto, che non assicura l’erogazione con regolarità; il sospetto di inquinamento ambientale sulle coste nei pressi dei siti industriali; il Sud desertico mai bonificato dalle scorie nucleari francesi (Parigi vi ha condotto 17 esperimenti fra il 1960 e il 1966). E c’è il nodo delle relazioni con il Marocco, ingrossatosi dopo la normalizzazione dei rapporti fra Rabat e Gerusalemme. Fra reciproche accuse che hanno per oggetto Sahara Occidentale e Cabilia, la distensione fra i due vicini rimane ancora oggi un’utopia.

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