Tayyip Erdogan, presidente della Turchia - Reuters
Schiaffo diplomatico senza precedenti della Turchia al mondo. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che dieci ambasciatori sono stati dichiarati persone non gradite e che quindi dovranno lasciare il Paese. La loro colpa è di avere chiesto la liberazione di Osman Kavala, filantropo e attivista per i diritti umani, fra i più attivi protagonoisti durante le proteste di Gezi Parki, che è in carcere dal 2017 ed è finito vittime delle purghe del presidente dopo il golpe del luglio 2016.
«Si stracciano le vesti per Kavala – ha detto ieri Erdogan mentre si trovava a Eskisehir, nell’Anatolia occidentale, per inaugurare una biblioteca –. Kavala è la filiale turca di Soros. E per lui dieci ambasciatori si sono presentati al ministero degli Esteri. Che impudenza. Questa è la gloriosa Turchia. Chi ci può dare lezioni? Nessuno. Ho dato le istruzioni al nostro ministro degli Esteri: ho detto che dovrà occuparsi quanto prima di dichiarare questi 10 ambasciatori come persone non grate. Così capiranno, conosceranno la Turchia».
Gli ambasciatori, nel dettaglio,sono quelli di Stati Uniti, Canada, Francia, Finlandia, Danimarca, Germania, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia. Lunedì scorso, quarto anniversario dell’arresto e detenzione di Kavala, avevano depositato al ministero degli Esteri una dichiarazione congiunta nella quale chiedevano la liberazione dell’attivista, che si è sempre dichiarato innocente e che è sotto processo da oltre tre anni: «I continui ritardi nel procedimento, incluso l’incorporamento di altre pendenze penali, stanno allungando un’ombra sul rispetto della democrazia, sul rispetto della legge e sulla trasparenza del sistema giudiziario turco».
Kavala lo scorso anno era stato assolto per quanto riguarda le accuse relative alla partecipazione alle proteste di Gezi Parki, poi la sentenza era stata rovesciata, perché erano arrivate anche le imputazioni relative a un suo ruolo nel fallito golpe del 2016. Un aspetto che a fatto sorgere dubbi a molti. Il filantropo è stato così definitivamente annoverato tra le vittime della repressione del dissenso messa in atto dal presidente. La dichiarazione è stata accolta molto male da Ankara.
Il giorno successivo, i 10 diplomatici sono stati convocati dal ministro degli Esteri, Mevlut Cavusloglu, che ha bollato il loro gesto come «irresponsabile». Un gesto «che ha oltrepassato la soglia del comportamento diplomatico». Tornato dal suo tour diplomatico in Africa, Erdogan ha voluto per loro una punizione esemplare.
«La nostra magistratura – ha tuonato Erdogan –, è uno dei migliori esempi di indipendenza. Il compito dei diplomatici invece non consiste nel farsi gli affari degli altri Stati». La Turchia, membro della Nato e Paese formalmente candidato all’ingresso in Unione Europea, preoccupa da tempo non solo per la forte limitazione dei diritti umani fondamentali, ma anche per la sua politica estera. Ankara si pone in modo sempre più antagonista rispetto a Bruxelles e Washington, e questo suo atteggiamento assertivo negli ultimi anni è stato reso ancora più forte dall’alleanza con la Russia di Vladimir Putin.