La rivolta in Ecuador non si ferma. Nonostante lo stato d'emergenza decretato dal presidente Lenin Moreno al termine di una giornata di proteste e scontri in tutto il Paese, con centinaia di arresti soprattutto nella capitale Quito. Il sindacato degli autotrasportatori ha dichiarato il "paro indefinido", lo sciopero a oltranza contro l'aumento del prezzo della benzina. L'incremento è arrivato martedì quando il governo ha annunciato l'eliminazione dei sussidi sul combustibile. Immediatamente il costo è passato da 1.03 dollari al gallone (3,78 litri) a 2.27. La cosiddetta "benzina extra", di qualità superiore, ha raggiunto i 2.30 dollari al gallone.
La misura ha scatenato un'ondata di panico nella popolazione. Essa è parte di un pacchetto di tagli con cui Moreno spera di onorare il debito di oltre 10 miliardi contratto con il Fondo monetario internazionale (Fmi) a marzo. Nel piano di risparmio rientra il dimezzamento delle ferie per i dipendenti pubblici e la riduzione del 20 per cento degli stipendi per i lavoratori stagionali. Più ancora delle singole iniziative, il piano ha risvegliato negli ecuadoriani il fantasma dell' "ajuste financiero". Ovvero la paura di un nuovo "aggiustamento finanziario" come quelli varati negli anni Novanta su "consiglio" del Fmi che fecero precipitare in povertà milioni di cittadini. Questo spiega perché alla protesta dei trasportatori si siano uniti movimenti indigeni e popolari. Moreno, pero, si dice deciso ad andare avanti. Lo stato d'emergenza durerà due mesi. Mentre per ora scuola e uffici testano chiusi.