martedì 28 marzo 2023
Quattro risposte per capire cosa sta succedendo in Israele, dove il premier Netanyahu ha congelato la riforma della giustizia dopo manifestazioni di piazza mai viste prima
Manifestanti ieri davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano

Manifestanti ieri davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano - Ansa

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Cos’è la riforma giudiziaria in discussione in Israele?

È un provvedimento proposto, subito dopo il suo insediamento, dal governo di estrema destra formato da Benjamin Netanyahu a seguito della vittoria nelle elezioni del primo novembre scorso. Punta a un rafforzamento dei poteri dell’esecutivo a scapito di quelli della magistratura. In particolare, secondo il testo, il governo dovrebbe: avere più rappresentanza nel Comitato responsabile di raccomandare la nomina e destituzione dei giudici; mettere un freno al potere della Corte Suprema sulla revisione delle leggi, compresa la “Legge Fondamentale” (un corpus di leggi con rango costituzionale: Israele non ha una Costituzione); permettere a una maggioranza parlamentare semplice – 61 deputati sui 120 della Knesset – di annullare le sentenze della Corte Suprema relative a modifiche o annullamenti delle leggi.

Perché il premier Netanyahu tiene tanto a questa riforma?

Secondo Netanyahu, la riforma è necessaria perché la Corte Suprema ha troppi poteri ed è eccessivamente pervasiva nella vita dello Stato. I suoi detrattori ritengono invece che il premier, atteso da un lungo iter processuale, stia utilizzando la riforma per mantenere il controllo sulle nomine dei giudici. E per accontentare gli alleati di estrema destra che gli hanno consentito di fare il governo.

Perché gli alleati del premier vogliono questa riforma?

Sono in gioco soprattutto due tipi di interessi. I partiti che rappresentano i coloni (confluiti in Sionismo Religioso, gruppo guidato da Ben-Gvir e Smotrich) sono tradizionalmente ostili alla Corte Suprema che molte volte ha bloccato le loro ambizioni di espansione e annessione in Cisgiordania e sanzionato le manovre discriminatorie nei confronti della popolazione araba. I partiti ultra-ortodossi (i sefarditi di Shas e gli ashkenaziti di Torah unita nel Giudaismo) vogliono invece mettere un freno alla Corte Suprema che, tutelando i diritti civili e l’uguaglianza tra i cittadini, si oppone a tutta una serie di privilegi degli haredim – tra cui l’esenzione dalla leva militare obbligatoria degli studenti dei collegi rabbinici – e veglia sulla discriminazione contro donne, gay e minoranze etniche o religiose.

Perché tanta parte dell'esercito contesta la riforma?

Perché la Corte Suprema è un forte organismo di tutela dell’intero Paese e una crisi che ne indebolisca la legittimità espone Israele sul fronte della sicurezza. Perché la Corte ha sempre vigilato sulla conformità degli standard delle Forze di difesa israeliane e sul rispetto del Diritto internazionale, e, se delegittimata, potrebbe esporre i militari a giudizi di terzi. Infine, perché l’apparato militare, incaricato del compito vitale di difendere il Paese, si è ritrovato a fare i conti con una coalizione di governo guidata da partiti che rappresentano una parte della popolazione, quella ultra-ortodossa, che non solo non ha fatto il servizio di leva, ma ha sempre manifestato ostilità nei confronti dei militari.

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