Non si fermano gli scontri tra oppositori e forze militari fedeli al presidente Daniel Ortega (Ansa)
Il dialogo tra il presidente Daniel Ortega e la società è cominciato nel sangue. Nella notte tra martedì e oggi, ci sono state altre proteste a Matagalpa, cittadina a 120 chilometri a nord da Managua. I gruppi antisommossa della polizia – agli ordini di Ortega – e i commando paramilitari filo-esecutivo hanno reagito con la mano pesante. Un dimostrante, Wilder Reyes Hernández, è stato ucciso. Fonti indipendenti, però, parlano di tre morti. In sessanta sono rimasti feriti. Tra loro anche un bimbo di 18 mesi e il sacerdote Roger Gracia, uno dei tanti che aveva aperto le chiese per medicare i colpiti. Un gruppo di preti, inoltre, ha cercato di mediare con le autorità per evitare ulteriori violenze.
La difficile trattativa
La notizie dei nuovi scontri ha fatto salire la tensione anche a Managua. La capitale è stata blindata per l’inizio delle trattative. Il seminario di Fatima – sede del dialogo – è stato circondato dalle forze di sicurezza. Nonostante questo, una folla di dimostranti s’è radunata nelle vie adiacenti. E ha accolto al grido di «assassini», il duo presidenziale, ovvero Ortega e la moglie, nonché vice, Rosario Murillo. Entrambi si sono presentati come previsto per incontrare i rappresentanti dei settori imprenditoriali, del mondo universitario e della società civile. La discussione è stata infuocata. Da una parte, Ortega e Murillo hanno cercato di giustificare le azioni della polizia «aggredita» dai manifestanti. Dall’altra, gli esponenti della società civile hanno chiesto la fine della repressione. Non solo. Tanti reclamano il ritiro del presidente, al potere dal 2007, dopo aver cambiato la Costituzione per abolire il limite dei due mandati. In base all’ultimo sondaggio Cid-Gallup, il 67 per cento dei cittadini è favorevole alle dimissioni del governo.