il terremoto è stato solo l'ultimo fenomeno naturale che ha colpito Cuba nell'arco di due mesi, dopo gli uragani Rafael, Oscar e Helene - REUTERS
"Ginocchio a terra", era il moto un tempo adoperato dai vertici della revolución per serrare le fila, esigendo fedeltà incondizionata al popolo cubano. Ora quel lemma si ripropone, ma come presa in giro straziante. A vederla da vicino, Cuba ha le ginocchia per terra. Lo sanno gli abitanti del municipio Pilón, in provincia di Granma, dove le strade sono piene di fessure e macerie dell'ultimo terremoto, avvenuto domenica 10 novembre.
Oltre 1.130 repliche in 24 ore, di cui 46 percettibili e due più forti di tutte: una di 6.0 alle 10 del mattino, l'altra di 6,7 gradi (Scala di Richter) quasi due ore dopo. "Non abbiamo memoria di scosse così forti nell'isola - ha raccontato Juana, di 54 anni, residente a Pilón -. Qui sono crollate intere case. Vanno ricostruite. Ma con quali soldi?". Circa 27 gli edifici distrutti, altri 2.250 sono danneggiati. Il sisma ha colpito le province orientali dell'Isola. A riferire è il Consejo nacional de defensa, riunito in seduta straordinaria per fare il punto sulla crisi: "Si contano anche 30 centri sanitari e 40 scuole". E ancora: "almeno 14mila persone sono senza corrente".
Nulla di nuovo per Cuba, dove il terremoto è stato solo l'ultimo fenomeno naturale che ha colpito il Paese nell'arco di due mesi, dopo gli uragani Rafael, Oscar e Helene. Eventi che lasciano sì un numero ridotto di vittime - una decina - considerata la loro portata, ma con un saldo di oltre 4mila edifici danneggiati, più di 100 mila persone senza servizio elettrico e 220mila sfollati. Sono gli esiti parziali di una crisi nella crisi. Quest'anno il deficit cubano è di circa -33% del bilancio, con entrate nette previste per 333 miliardi di pesos cubanos che equivalgono a quasi 13 milioni di euro. Mancano quindi 6 milioni di euro per coprire le spese dell'anno corrente. Ma il futuro è ancor più incerto. A dire il vero neanche un aumento delle entrate aiuterebbe a invertire la rotta. Cuba ha il debito pubblico più elevato della Regione, che ammonta a 18 miliardi di dollari statunitensi, con sempre più fatica a rispettare le scadenze dei creditori.
E come se non bastasse, l'Avana ha visto crollare la produzione dello zucchero: unica fonte di reddito dell'Isola. "Non ci sono abbastanza camion per trasportare le canne da zucchero né i lavoratori - ha raccontato Gabriel, che da vent'anni opera nel settore -. Manca la benzina, i macchinari sono arrugginiti. Veda, stiamo anche importando lo zucchero per soddisfare la domanda interna". Più che sufficiente per dichiarare l'Annus horribilis di un'isola in cui il 90% della popolazione vive in povertà estrema, secondo l'Observatorio cubano per i diritti umani. "Non ci vergogniamo di dirlo: capita spesso di rinunciare a un pasto, cercando di arrivare a fine giornata - afferma Jimena, 34enne e residente a l'Avana –. L’unica prospettiva è quella di abbandonare l’Isola e andare altrove”.
“Ma questa volta è crisi nera - ha detto una residente di Artemisa di 61 anni, Rosa -. Se prima eravamo in affanno, ora andrà anche peggio. Perché l'impatto di questi eventi è stato duro".
La crisi del Paese è la più profonda degli ultimi decenni. All'abituale carestia di cibo, medicine e altri beni del paniere base si aggiunge il problema delle prospettive. Più di 850mila gli abitanti hanno abbandonato l'isola dal 2022, cioè il 18% della popolazione. Al punto che i cubani dicono “esodo” per parlare di emigrazione. E il governo ha senz'altro delle responsabilità, con riforme che al momento si sono rivelate insufficienti. Si pensi solo alle manifestazioni del 2021, sedate da un'incontenibile repressione. Ma anche alle recenti proteste contro il disservizio elettrico, bollate da Miguel Díaz-Canel come semplici rivolte filo-statunitensi.
Ma non aiuta di certo il profilarsi del secondo mandato Trump, che già nella prima amministrazione ha rinnovato l'embargo fino a quando non ci saranno "Libere elezioni", firmando più di duecento direttive volte a colpire l'economia dell'isola. E l'indirizzo del Trump 2.0 non sembra conciliante, considerati gli antecedenti del falco Marco Rubio, recentemente nominato segretario di Stato, che ha più volte dichiarato l'intenzione di rovesciare il governo cubano. Lo ha detto più volte, anche per compiacere gli esuli di Miami e dintorni. Si allontanano così i tempi in cui Barack Obama, intento a costruire ponti, diceva “Todos somos americanos”. Ora quel “Todos” non c’è più, ma c’è una parte che si crede il tutto, rischiando di schiacciare anche il resto.