Amy Coney Barrett con Donald Trump - Reuters
Gli Stati Uniti hanno un altro giudice espresso dai conservatori tra i nove della Corte Suprema. Dopo le indiscrezioni mai smentite, nella notte italiana è arrivata l’attesa nomina da parte del presidente Donald Trump di Amy Coney Barrett al seggio della Corte lasciato vuoto, la scorsa settimana, dall’icona liberal Ruth Bader Ginsburg morta a 87 anni.
Secondo molteplici fonti repubblicane non c’erano dubbi sulla candidatura a nuovo giudice costituzionale, con una cerimonia in pompa magna alla Casa Bianca, della magistrata 48enne che Trump aveva già promosso alla Corte d’appello del settimo circuito di Chicago nel 2017. In questi giorni il presidente non avrebbe incontrato altri candidati e, quando Barrett venne presa in considerazione nel 2018 come possibile sostituta al dimissionario giudice Anthony Kennedy, Trump avrebbe messo in chiaro l’intenzione di «tenersela per Ginsburg».
Ieri il presidente americano ha detto che Barrett «è tra le più brillanti e dotate menti legali». Con la successiva conferma da parte del Senato, la giurista cattolica madre di sette figli diventerà così una delle persone più «rilevanti» d’America. La sua nomina sposta ulteriormente verso il fronte conservatore l’ago della bilancia del massimo organo giudiziario del Paese, portando il rapporto con i progressisti dall’attuale 5 a 4 a un 6 a 3.
Un peso notevole in vista di dibattiti-chiave per la vita degli americani, dall’assistenza sanitaria estesa durante il mandato di Obama, alla legge sull’aborto, all’immigrazione, al porto d’armi. La sua nomina potrebbe avere anche un effetto sulla campagna elettorale del presidente a caccia di consensi (erosi in questi anni) tra le donne e tra i cattolici.
Un primo riscontro tangibile della nomina potrebbe essere già evidente sull’esito materiale del voto, perché – parola di “The Donald” – sarà la Corte Suprema a dover decidere su un sempre più probabile risultato «contestato» su quanto emerso dalle urne. Trump – che negli ultimi giorni ha ventilato l’ipotesi di non voler accettare un pacifico passaggio di poteri in caso di vittoria democratica – ha ribadito l’altra sera di aspirare a «una transizione regolare e amichevole », ma ha messo in chiaro che l’unico modo per il candidato dem ed ex vicepresidente Usa Joe Biden di vincere è quello di usare «un trucco da birbante», concludendo di essere certo che verranno attuati brogli elettorali che lui «non accetterà».
Questo il motivo della grande fretta nel nominare il nuovo giudice alla Corte prima ancora che le spoglie di quello precedente vengano sepolte, martedì. Giornata fissata anche per il primo dibattito tv tra Biden e Trump a Cleveland, in Ohio, uno degli Stati chiave nelle ultime settimane di campagna. Uno scontro che si preannuncia acceso proprio sulla questione della Corte Suprema, ma che – nonostante gli ostacoli che i democratici intendono porre alla procedura di conferma di Barrett – difficilmente impedirà la conferma del magistrato prima del 3 novembre.
L’assenso del Senato – la discussione inizierà il 12 ottobre e durerà 4 giorni – è certo visto che i repubblicani con 53 deputati a 47 detengono la maggioranza della Camera alta del Congresso e solo due senatori del partito del presidente si schierano con l’opposizione nella richiesta di volere attendere i risultati elettorali di novembre per «dare al nuovo presidente l’opportunità di nominare il giudice costituzionale ».
IL RITRATTO: CONTRARIA ALL'ABORTO MA FERMA SUI MIGRANTI
È considerata dai progressisti americani come la «versione al femminile di Antonin Scalia», il giurista italo-americano tra gli interpreti più conservatori della Costituzione statunitense, scomparso nel febbraio del 2016 e del quale è stata assistente legale e pupilla. Come giudice d’appello si è già espressa due volte contro l’aborto che considera «sempre immorale». «Il dogma vive rumorosamente dentro di te», la attaccò in maniera violenta la senatrice democratica Dianne Feinstein nel 2017 durante l’audizione di conferma di Barrett alla Corte d’appello, accusandola di farsi guidare dalla sua fede cattolica nelle decisioni giuridiche, soprattutto su questioni etiche come l’interruzione di gravidanza.
L’effetto, immediato, fu di trasformarla in un personaggio caro ai movimenti religiosi, anche se lei respinse l’accusa: «Non metterei mai le mie opinioni personali al di sopra della legge». Sicuramente su di lei la “propaganda” si è scatenata e continua a farlo. Classe 1972, Barrett è originaria di New Orleans, in Louisiana. Ha frequentato un liceo femminile e poi il Rhodes College, prima di laurearsi con lode in Legge all’università Notre Dame dove ha insegnato per 15 anni. È mamma di 7 figli (di cui due adottati da Haiti e uno affetto da sindrome di Down).
Da studentessa nel 2012 scrisse un «manifesto di protesta» contro la copertura sanitaria obbligatoria a carico dei datori di lavoro prevista dall’Obamacare che inseriva tra le prestazioni anche la pillola anticoncezionale. All’indomani della conferma alla Corte d’appello del settimo circuito (il 31 ottobre del 2017, con 55 sì e 43 no), il <+CORSIVO50>New York Times<+TONDO50> la attaccò per la sua appartenenza a una «setta cristiana» rea di difendere la famiglia tradizionale.
Come giudice d’appello si è rivelata relativamente cauta, pur confermandosi contraria non solo all’aborto ma anche favorevole alla tutela del Secondo Emendamento, quello che sancisce il diritto a portare armi. Linea dura però anche contro l’immigrazione. Lo scorso giugno Barrett si è schierata con Trump, manifestando il suo dissenso in seno alla Corte d’appello sulla decisione di garantire il permesso di residenza (la green card) anche a chi richiede assistenza pubblica.