La governatrice uccisa dai narcos, Sandra Liliana Peña Chocué - Foto diffusa dall'account twitter del Consiglio regionale indigeno del Cauca (Cric)
Capelli nerissimi sciolti sulle spalle. In mano, il bastone tradizionale, simbolo d’autorità e servizio alla comunità. Si presenta così nell’ultimo video, Sandra Liliana Peña Chocué. Con voce dolce ma ferma denuncia sui social l’incremento dei campi di coca nella sua regione, il Cauca. «Le coltivazioni illecite aumentano perché noi indigeni Nasa ci siamo lasciati corrompere da uno stile di vita occidentale che fa del denaro il bene supremo», afferma la governatrice di Laguna Sabina, firmando la propria condanna a morte.
Alcuni giorno dopo, martedì mattina, un commando armato l’ha attesa vicino casa e l’ha assassinata con una raffica di proiettili mentre saliva a bordo del moto-taxi guidato dal vicino Avelino Uil. Quest’ultimo è rimasto ferito mentre Sandra Peña Chocué è morta sul colpo.
In base al monitoraggio dell’Instituto de estudios para el desarollo y la paz (Indepaz), è la 52esima attivista massacrata da gennaio in Colombia. La numero 1.162 dalla firma degli accordi di pace tra governo e Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia (Farc), il 24 novembre 2016. Nonostante la fine del conflitto, il Cauca resta uno dei principali campi di battaglia tra i vari gruppi armati illegati che, nell’inerzia dello Stato, hanno occupato il vuoto lasciato dalla guerriglia. Narco-paramilitari – eredi delle formazioni d’ultradestra costituite in funzione anti-Farc – e guerriglieri dissidenti si contendono le coltivazioni di coca. Il 78 per cento di queste ultime si concentra nei dipartimenti di Nariño, Norte de Santander, Putumayo e Cauca. Sandra Peña, a lungo educatrice prima di diventare governatrice, era impegnata in un lavoro con le donne e i giovani delle comunità di Laguna Sabina per chiedere alternative al narcotraffico. «Fino a quando dovremmo sopportare questo costante stillicidio?», ha denunciato il Consiglio regionale indigeno del Cauca (Cric).