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«Il ritmo e la dimensione di ciò che è stato fatto negli ultimi cinque anni e i piani attuali sono insufficienti per affrontare il cambiamento climatico». Così gli esperti del clima dell'Onu nella sintesi per i decisori politici del 6/o Rapporto di valutazione ricordando che nel 2018 avevano detto che serviva «una sfida senza precedenti» per frenare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi.
«Oltre un secolo di uso di fonti fossili, di energia non sostenibile e di suolo hanno alzato la temperatura di 1,1 gradi sui livelli pre-industriali; eventi meteorologici estremi più frequenti e più intensi hanno causato impatti sempre più pericolosi sulla natura e sulle persone in ogni regione del mondo», dice il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, Ipcc.
«Quasi la metà della popolazione mondiale vive in aree altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Negli ultimi 10 anni il numero dei morti per siccità, nubifragi e uragani è stato 15 volte più alto» e pure l'Europa rischia un aumento di morti e persone a rischio per di stress da calore. Gli esperti di clima dell'Ipcc avvertono che «in questa decade un'azione accelerata di adattamento ai cambiamenti climatici è essenziale. Nel frattempo occorre tagliare subito le emissioni di gas serra in tutti i settori e dimezzarle entro il 2030».
«Le opzioni per ridurre le emissioni di gas serra e adattarsi ai cambiamenti climatici causati dall'uomo sono molteplici, fattibili ed efficaci e sono disponibili ora».
«Questo Rapporto di sintesi - ha dichiarato il presidente dell'Ipcc Hoesung Lee - sottolinea l'urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, possiamo ancora garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti».
I fenomeni meteorologici estremi (ondate di calore intense, precipitazioni più violente), aumentano ulteriormente i rischi per la salute umana e gli ecosistemi. «In ogni regione, le persone muoiono a causa di estremi di calore. L'insicurezza alimentare e idrica legata al clima è destinata ad aumentare con l'aumento del riscaldamento. Quando i rischi si combinano con altri eventi avversi, come pandemie o conflitti, diventano ancora più difficili da gestire».
Il rapporto, approvato durante una sessione durata una settimana a Interlaken, fornisce un focus sul tema delle perdite e dei danni. «La giustizia climatica è fondamentale perché coloro che hanno contribuito meno al cambiamento climatico sono colpiti in modo sproporzionato - ha sottolineato Aditi Mukherji, uno dei 93 autori di questo Rapporto di sintesi -. Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nell'ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono stati 15 volte superiori nelle regioni altamente vulnerabili», ha aggiunto.
In questo decennio, un'azione accelerata di adattamento ai cambiamenti climatici, rileva il report, è essenziale per colmare il divario tra l'adattamento esistente e quello necessario.
Nel frattempo, per contenere il riscaldamento entro 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali, «è necessario - sottolineano gli studiosi - ridurre le emissioni di gas serra in tutti i settori in modo profondo, rapido e significativo. Le emissioni dovrebbero già diminuire e dovranno essere ridotte di quasi la metà entro il 2030, se si vuole limitare il riscaldamento a 1,5°C».
La soluzione sta «in uno sviluppo resiliente al clima. Ciò comporta l'integrazione di misure di adattamento ai cambiamenti climatici con azioni volte a ridurre o evitare le emissioni di gas serra, in modo da fornire benefici più ampi. Ad esempio, l'accesso all'energia e alle tecnologie pulite migliora la salute, soprattutto di donne e bambini; l'elettrificazione a basse emissioni di carbonio, gli spostamenti a piedi e in bicicletta e i trasporti pubblici migliorano la qualità dell'aria, la salute e le opportunità di lavoro e garantiscono l'equità. I benefici economici per la salute delle persone derivanti dal solo miglioramento della qualità dell'aria sarebbero all'incirca uguali, o forse addirittura superiori, ai costi per ridurre o evitare le emissioni».
«I maggiori guadagni in termini di benessere potrebbero derivare dalla priorità di ridurre i rischi climatici per le comunità a basso reddito ed emarginate, comprese le persone che vivono negli insediamenti informali - ha dichiarato Christopher Trisos, uno degli autori del rapporto - L'accelerazione dell'azione per il clima sarà possibile solo se i finanziamenti aumenteranno in modo considerevole. Finanziamenti insufficienti e disallineati frenano i progressi».
A questo proposito gli esperti osservano che «il capitale globale è sufficiente per ridurre rapidamente le emissioni di gas serra se si riducono le barriere esistenti. Aumentare i finanziamenti agli investimenti per il clima è importante per raggiungere gli obiettivi climatici globali. I governi, attraverso finanziamenti pubblici e segnali chiari agli investitori, sono fondamentali per ridurre queste barriere. Anche gli investitori, le banche centrali e le autorità di regolamentazione finanziaria possono fare la loro parte».
I rischi per l'Europa
L'Ipcc identifica quattro categorie di rischi-chiave per l'Europa, il cui livello aumenta con l'aumentare del livello di riscaldamento globale: rischi prodotti dalle ondate di calore su popolazioni e ecosistemi, per la produzione agricola, di scarsità di risorse idriche e rischi prodotti da maggiore frequenza e intensità di inondazioni».
Per quanto riguarda le ondate di calore «ci si attende che il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore aumenti con il riscaldamento globale, raddoppiando o triplicando per un innalzamento della temperatura pari a 3°C, rispetto a 1,5°C. Il riscaldamento ridurrà gli habitat adatti agli attuali ecosistemi terrestri e marini e cambierà irreversibilmente la loro composizione, con effetti la cui gravità aumenta al di sopra del livello di riscaldamento globale di 2°C. Le misure di adattamento allo stress termico della popolazione e il contenimento dei rischi da ondate di calore necessitano di molteplici interventi su edifici e spazi urbani».
Quanto ai rischi per la produzione agricola, «a causa di una combinazione di caldo e siccità, si prevedono nel XXI secolo perdite sostanziali in termini di produzione agricola per la maggior parte delle aree europee».
Capitolo risorse idriche. «Nell'Europa centro-occidentale - spiega il professore ordinario di Fisica dell'Atmosfera e Oceanografia presso l'Università del Salento - questo rischio diventa molto alto nel caso di un innalzamento di temperatura di 3°C, ma nell'Europa meridionale il rischio è già elevato per un livello di riscaldamento globale di 1,5°C. Già con un livello di riscaldamento medio, le strategie di adattamento che riducono il fabbisogno idrico devono essere combinate con trasformazioni quali la diversificazione delle sorgenti e modifiche dell'uso del territorio».
Parlando di inondazioni, «a causa dell'aumento delle precipitazioni estreme in molte aree Europee e dell'innalzamento del livello del mare lungo praticamente tutte le coste (un'eccezione è la penisola Scandinava), i rischi per le persone e le infrastrutture derivanti dalle inondazioni costiere, fluviali e pluviali aumenteranno in molte regioni d'Europa».
In questo contesto «l'Italia è soggetta ai rischi tipici dell'Europa Mediterranea, alcuni dovuti a peculiarità del cambiamento climatico, altri alla particolare vulnerabilità di ecosistemi e settori produttivi. Le peculiarità del cambiamento climatico sono legate all'attesa diminuzione della precipitazione (con conseguenze sulla disponibilità di risorse idriche), in contrasto con la tendenza all'aumento a scala globale e nel nord Europa, e alla particolare intensità del riscaldamento estivo (superiore di circa il 50% di quello medio globale). Altri rischi sono legati alla vulnerabilità delle coste (dove insediamenti e strutture sono frequentemente collocati poco al di sopra del livello medio del mare), all'importanza economica del settore turistico (che è posto direttamente a rischio dal cambiamento climatico e indirettamente dall'implementazione di politiche di mitigazione) e alla vulnerabilità degli ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da altri fattori antropici (sovrasfruttamento e inquinamento)».
«Per la riduzione di questi rischi valgono i requisiti generali comuni a tutte le azioni di adattamento: continuità dell'impegno politico, implementazione di strutture istituzionali adeguate, mobilizzazione di risorse, procedure e decisioni inclusive in collaborazione con cittadini, parti sociali, settori produttivi, riferimento alle conoscenze scientifiche», conclude Lionello.
L'Italia è soggetta ai rischi tipici dell'Europa Mediterranea, alcuni dovuti a peculiarità del cambiamento climatico, altri alla particolare vulnerabilità di ecosistemi e settori produttivi: dalla diminuzione della precipitazione (con conseguenze sulla disponibilità di risorse idriche) alla vulnerabilità delle coste, all'importanza economica del settore turistico alla vulnerabilità degli ecosistemi terrestri e marini, minacciati anche da sovrasfruttamento e inquinamento. Lo afferma Piero Lionello, primo autore su "Europa" e "Mediterraneo" del 6/o Rapporto di Valutazione dell'Ipcc 2022: Impatti, adattamento e vulnerabilità.