Militari di Taiwan addetti alla difesa antiaerea all'aeroporto di Taipei - Reuters
Una calma solo apparente, attraversata da tensioni pronte a riesplodere. La Cina ha annunciato di avere completato «con successo» le esercitazioni militari attorno a Taiwan, ma ha avvertito che continuerà a condurre pattugliamenti regolari attorno all’“isola ribelle”, come testimoniato dalla presenza, anche ieri, di 10 navi e 36 jet militari.
Non solo: come si legge nel “Libro Bianco” dedicato alla questione di Taiwan pubblicato dall’Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato – l’organo del governo cinese che si occupa delle relazioni nello Stretto – Pechino si è detta convinta che ci sia «ampio spazio» per la «riunificazione pacifica» di Taiwan alla Cina, ma non saranno tollerate «attività separatiste» e «interferenze esterne».
Insomma Pechino non cambia di una virgola la sua visione sul destino di Taiwan e indica il modello al quale l’isola ribelle dovrà assoggettarsi: Hong Kong. «Taiwan dovrà essere riunificata con il modello “un Paese, due sistemi”», si legge nel testo. Immediata la replica di Taipei. Quanto scritto sul “Libro Bianco” pubblicato da Pechino è «un pio desiderio» della Cina, che «ignora la realtà».
La presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen ha fatto sapere che Taipei «non arretrerà mai nella difesa di sovranità e sicurezza nazionale», precisando che la popolazione di Taiwan «spera di vedere la pace». Tsai considera Taiwan già di fatto indipendente e non riconosce il “principio dell’unica Cina”, fondamentale per Pechino per avere rapporti con Taipei, e su cui permangono comunque divergenze interpretative tra i due lati dello Stretto.
E mentre Londra ha convocato l’ambasciatore cinese nel Regno Unito, Zheng Zeguang, per il «comportamento sempre più aggressivo» di Pechino nei confronti di Taiwan, il portavoce del ministero della Difesa dell’isola, Sun Li-fang ha fatto sapere che «le Forze armate di Taiwan adatteranno le modalità di dispiegamento delle loro forze considerando molteplici fattori, tra cui morale delle truppe e minacce compresi».
Continua la pressione cinese anche sul piano economico. Pechino ha avviato nuove ritorsioni, con il bando all’import di prodotti agro-alimentari e il divieto di export di sabbia naturale, fondamentale nell’industria dei semi-conduttori, di cui Taiwan è leader a livello mondiale. Taipei ha anche accusato Pechino di attacchi informatici e di avere condotto una campagna di disinformazione, con oltre 280 operazioni già dall’inizio di questo mese, pochi giorni prima dell’inizio delle manovre.