La premier britannica Theresa May (Ansa)
O con me o il caos. È questo il messaggio che la premier britannica Theresa May si prepara in sostanza a lanciare oggi in Parlamento con un intervento alla Camera dei Comuni destinato a illustrare l'accordo sulla Brexit formalizzato domenica con l'Ue e ad aprire la partita verso un difficile voto di ratifica previsto secondo le ultime indicazioni ufficiose il 12 dicembre.
May ha riunito stamattina il Consiglio dei ministri, mentre nel pomeriggio (alle 16 italiane) sfiderà di nuovo a Westminster le opposizioni e i dissidenti interni di una maggioranza che appare sfaldata. Un no alla ratifica significherebbe alimentare «divisioni e incertezze», intende dire la premier secondo le anticipazioni dei media, che sottolineano anche la sua volontà di coinvolgere direttamente la pubblica opinione e di arrivare a un dibattito in tv sul tema col leader laburista, Jeremy Corbyn.
LA SCHEDA Brexit, ecco i punti dell'accordo
Ma in casa Tory restano i venti di ribellione, fra i falchi brexiteers e di un pugno di eurofili. Fra i primi, l'ex ministro Boris Johnson torna ad attaccare l'accordo nella sua colonna sul Telegraph bollandolo come «un'umiliazione nazionale». A votare contro, oltre ad alcuni conservatori, ci sarebbero i laburisti e i membri del Dup, il partito unionista nordirlandese alleato del governo.
Se il Parlamento britannico approverà l'accordo, alla mezzanotte del 29 marzo 2019 la Gran Bretagna uscirà dall'Unione Europea. È previsto un periodo di transizione fino al 2020. Se invece Westminster dovesse respingere l'accordo, ipotesi non inverosimile, si aprirebbero tre scenari: l'uscita di Londra dall'Ue senza alcun accordo; l'uscita dalle istituzioni europee ma non dallo Spazio economico europeo; un nuovo referendum su Brexit. Ma quest'ultima ipotesi viene giudicata irrealistica e irrispettosa della volontà del popolo britannico, già espressa nel referendum del 23 giugno 2016.