Volontaria distribuisce teli di plastica protettivi in una favela di Salvador de Bahia - Reuters
«Il Brasile vive uno dei momenti più difficili della sua storia, una “tempesta perfetta” che, dolorosamente, deve essere attraversata. La causa di questa tempesta è la combinazione di una crisi sanitaria senza precedenti, un collasso impressionante dell’economia e una tensione che scuote le fondamenta della Repubblica, provocata in gran parte dal presidente e altri settori della società». Con queste parole, 152 vescovi – titolari ed emeriti – del Brasile si sono rivolti al «popolo di Dio», in una lettera pubblicata ieri dal quotidiano A Folha de São Paulo. I pastori – tra cui figurano nomi di spicco dell’episcopato nazionale, come il cardinale Claudio Hummes, l’arcivescovo di Belém, Alberto Taveira Corrêa, e quello di Manaus, Leonardo Ulrich – sottolineano di non appartenere a «nessun partito politico, economico, ideologico o di altri interessi. Il nostro unico interesse è il Regno di Dio, presente nella storia». Tuttavia «è dovere di coloro che difendono la vita posizionarsi con chiarezza di fronte a questo scenario». «Assistiamo sistematicamente a discorsi anti-scientifici, che cercano di normalizzare il flagello delle migliaia di morti di Covid-19, trattandolo come il risultato del caso o della punizione divina – si legge –, vediamo avvicinarsi il caos socio-economico nei prossimi mesi e giochi politici che mirano a mantenere il potere a qualunque costo». Analizzando il contesto, «percepiamo con chiarezza l’incapacità e l’inadeguatezza del governo federale», nell’affrontare la crisi. «Perfino la religione è impiegata per manipolare sentimenti e credenze, provocare divisioni, diffondere odio, creare tensioni fra le Chiese e i loro leader». I 152 firmatari chiedono riforme serie e dialogo «che includa tutti gli umanisti, quanti hanno a cuore la democrazia, i movimenti sociali, gli uomini e le donne di buona volontà, affinché sua ristabilito il rispetto della Costituzione» e «l’etica nella politica». La lettera non costituisce un atto ufficiale della Conferenza episcopale brasiliana, di cui fanno parte 479 vescovi totali, tra titolari ed emeriti.
Con 2,4 milioni di contagi e 87mila morti, il Brasile del negazionista Jair Bolsonaro è l’epicentro della pandemia, insieme agli Stati Uniti. A preoccupare, l’aumento drammatico dell’infezione tra alcuni fra i più gruppi più vulnerabili della popolazione, come gli indigeni e i residenti delle favelas. La gestione governativa della crisi è oggetto di forti critiche. Oltre un milione di operatori sanitari ha denunciato il presidente alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e genocidio per non avere sufficientemente protetto i cittadini.