L'arcivescovo Paul Gallagher - Ansa
La crisi del multilateralismo emerso dalle ceneri della Seconda guerra mondiale è diventata urgente e dovrebbe aprire gli occhi dei leader mondiali sul bisogno di ascolto e di dialogo. Il richiamo della Santa Sede risuona nella sala dell’Assemblea generale nell’ultimo giorno, dopo una settimana di dibattito che ha messo in evidenza enormi fratture nella comunità internazionale. Citando papa Francesco, l’arcivescovo Paul Gallagher, segretario del Vaticano per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali, ha sottolineato come la guerra in Ucraina ha reso ancora più evidente questa crisi e la necessità di un profondo ripensamento delle istituzioni internazionali. Con parole le quali illustrano efficacemente gli ultimi sette giorni al Palazzo di Vetro, il diplomatico ha sottolineato come «le delegazioni che spendono fiumi di parole per spiegare le rispettive posizioni» non sempre sono disponibili all'ascolto. «Papa Francesco la chiama colonizzazione ideologica — ha spiegato —, il fenomeno per cui i Paesi più ricchi e potenti tentano di imporre la propria visione del mondo ai Paesi più poveri» oppure forniscono aiuti «a condizione di accettare quelle posizioni». L’effetto, ha fatto notare l’arcivescovo, «è quello di escludere alcune parti dalla conversazione», minando la natura stessa dei forum multilaterali globali, che si stanno trasformando in «club riservati a poche élite, che la pensano allo stesso modo e dove alcuni sono tollerati purché non diano fastidio a nessuno». Queste imposizioni, oltre che ingiuste, sono pericolose. Gallagher ha richiamato «l’elevata minaccia di un’escalation nucleare», ricordando che, secondo la Santa Sede, il semplice possesso di armi nucleari è immorale, e invitando le potenze atomiche a rilanciare gli accordi, oggi spesso disattesi o abbandonati, per il disarmo e la non proliferazione nucleare. Nel dettaglio, il rappresentante vaticano ha richiamato l’urgenza di occuparsi delle ferite più dolorose aperte nel mondo, come i combattimenti in Ucraina, ma anche la situazione umanitaria in Siria dopo dodici anni di guerra, e gli scontri in Sudan. Particolare preoccupazione ha espresso anche per i frequenti colpi di stato nell’Africa sub-sahariana, che interrompono i processi democratici, causano morte e distruzione e causano crisi umanitarie e migratorie. A questo proposito, Gallagher ha fatto appello alla famiglia delle Nazioni Unite affinché «cessi lo sfruttamento economico e finanziario nella regione».
Un pensiero speciale del diplomatico è andato al Nicaragua con il quale «la Santa Sede spera di avviare un rispettoso dialogo diplomatico per il bene della Chiesa locale e dell'intera popolazione». Nel 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, l’arcivescovo ha ricordato che «la vera cartina di tornasole per verificarne la tutela è il grado di libertà di religione in un Paese», denunciando che circa un terzo della popolazione mondiale non è libera di professare la propria fede. «Non posso non ricordare, inoltre, che un cristiano su sette è perseguitato — ha continuato — e che le violenze contro i cristiani sono in aumento e non solo nei Paesi in cui sono una minoranza». Gallagher ha sottolineato che la mancanza di libertà religiosa, intesa come la possibilità di vivere secondo il proprio credo, non è un problema esclusivo delle dittature e dei regimi totalitari. E ha riservato toni forti per il modo in cui i termini «crimine d’odio» o «incitamento all’odio» vengono manipolati in Occidente, equiparando la pratica della religione alla violenza. «Questo programma volutamente disonesto e motivato politicamente, particolarmente vergognoso in Occidente — ha concluso — deve finire».