giovedì 4 maggio 2017
Negata la richiesta, avanzata dai legali, per un processo immediato a giugno, davanti alla Corte Suprema. Crescono le minacce contro la cattolica accusata di blasfemia
Asia Bibi: la madre cattolica è in cella, accusata di blasfemia, da 2.872 giorni

Asia Bibi: la madre cattolica è in cella, accusata di blasfemia, da 2.872 giorni

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I giudici hanno nuovamente negato l’udienza definitiva per Asia Bibi e ancora una volta l’impegno dei suoi avvocati e le speranza della famiglia e di tanti che sostengono la fragile donna cattolica in cella da 2.872 giorni si è infranto contro un «no» senza motivazione ufficiale. Ai giudici della Corte Suprema era stato chiesto a metà aprile di fissare l’udienza che dovrebbe confermare la condanna o aprire le porte dalla libertà alla detenuta entro la prima settimana di giugno, ma il 26 aprile scorso il giudice Saqib Nisar ha negato la disponibilità della Corte. In questi giorni la decisione è stata notificata.
A segnalare che a fare da sfondo al giudizio è qualcosa di ben più ampio di una sola valutazione di colpevolezza in base a prove seppure arbitrarie come nella maggior parte dei giudizi per il reato di blasfemia, è lo stesso avvocato Saif ul Malook, parte del consiglio di difesa della donna cattolica a rischio, più che dell’impiccagione in carcere, dell’esecuzione sommaria da parte di suoi detrattori e accusatori. «Il caso continua a essere posticipato a causa dei problemi di questo Paese. Ci troviamo al centro di un conflitto tra l’islam e infedeli, ma continuiamo a nutrire molte speranze per il suo rilascio», ha confermato il musulmano Malook che da diversi anni segue la causa per “blasfemia” di Asia Bibi.
Non speculazioni, perché, come ha confermato Joseph Nadeem, direttore esecutivo della Renaissance Education Foundation che tutela la famiglia della detenuta, «i fattori dietro la lentezza del cammino della giustizia nel suo caso sono molti, tra cui la forte pressione che lo accompagna. I gruppi che si oppongono alla scarcerazione ne hanno fatto una ragione di onore e di ego e se Asia Bibi dovesse essere liberate la reazione sarebbe pesante».

In stallo dal 22 luglio 2015

Sulla madre cattolica di cinque figli che oggi trascorre il 2.872esimo giorno privata della libertà incombono quindi minacce concrete, quelle costate la vita a oltre 60 individui nonostante nel Paese non sia mai stata eseguita alcuna condanna a morte contro “blasfemi” condannati in via definitiva.
La fase finale della vicenda di Asia Bibi è in stallo dal 22 luglio 2015, quando la Corte Suprema ha sospeso la sentenza di morte in vista di una proprio giudizio sulla legittimità dell’intero procedimento a suo carico. Da allora, la data dell’udienza definitiva è stata spostata in più occasioni a partire dal 13 ottobre 2016 e anche le ultime due date che sembravano possibili, lo scorso aprile e il prossimo giugno, sono ora ormai storia.

Accusata di oltraggio al Corano e alla fede islamica per una vicenda legata a probabili tensioni di vicinato e a intransigenza religiosa nel giugno 2009, incarcerata dopo un’aggressione brutale e molestie proseguite anche durante la custodia, Asia Bibi è stata condannata a morte in prima istanza da un tribunale di Sheikhupura, nel suo distretto di Nankana Sahib nel novembre 2010. Pena confermata in appello dai giudici dell’Alta Corte del capoluogo provinciale del Punjab, Lahore, il 16 ottobre 2014 dopo almeno cinque rinvii del giudizio finale.
Una vicenda, quella di una donna semplice ma dalla fede salda che si è trovata a avere un ruolo esemplare che non si è cercata, che sta segnando profondamente anche la vita della famiglia. «Il marito è ammutolito quando ha sentito gli ultimi sviluppi - ha segnalato Joseph Nadeem -. Ci appelleremo ancora per l’udienza e continueremo a impegnarci per la giustizia».


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