Altopiano di La Rioja
Nessuno si è presentato a dargli il cambio. Il dottor Luis Daniel Rey doveva tornare a casa, dalla sua famiglia. Il turno di guardia era terminato da un pezzo. Se l’avesse fatto, però, il pronto soccorso del piccolo e remoto ospedale di Malanzán, sarebbe rimasto vuoto. E i pazienti privi di cure. Reyes, così, ha scelto di non sfilarsi il camice. Ed è andato avanti, a oltranza. Per trentanove giorni, al ritmo quotidiano di diciotto ore. Fino a quando, a metà della scorsa settimana, le autorità locali non si sono decise ad assumere un secondo medico.
E Rey ha potuto essere sostituito. La storia sarebbe rimasta sepolta tra gli altipiani de La Rioja, la zona più povera dell’Argentina, se alcuni amici non l’avessero raccontata sulle reti sociali. In breve, il dottor Rey è diventato popolarissimo, dentro e fuori i confini nazionali. Il “medico eroe”, l’hanno soprannominato i media. “Ma va, ho fatto solo il mio dovere. Non potevo abbandonare i malati. Tanti miei colleghi fanno lo stesso, nell’anonimato”, racconta l’uomo che ha ricevuto una telefonata di elogi dal presidente Mauricio Macri. Le autorità locali, invece, da cui dipendono direttamente le istituzioni sanitaria, hanno mantenuto uno stizzito riserbo. Perché la vicenda di Rey, ha puntato i riflettori sulle drammatiche condizioni degli ospedali nel nord argentino, dove manca il personale e le infrastrutture sono scarse.
Nel paesino di Malanzán un solo medico ha dovuto finora assistere seimila persone. Rey ha raccontato di aver dovuto attaccare l’incubatrice al generatore della propria auto per salvare dei neonati prematuri. Altre volte ha portato i pazienti alle cliniche delle città vicine in macchina perché l’ambulanza non funzionava. Anche il cambio, appena arrivato, è comunque insufficiente per le enormi esigenze. Rey, però, non si perde d’animo. “Vuol dire che, quando sarò moribondo, continuerò a curare dal letto”, scherza